Spaccio di cocaina a Livigno: i valtellinesi arrestati erano i pusher degli albanesi

Sono comparsi davanti al Gip. I capi invecer sono vicini alla mafia di Scutari ma da tempo trapiantati nel “piccolo Tibet“

Il dirigente della Mobile, Niccolò Battisti e uno degli arrestati nell’indagine contro lo spaccio

Il dirigente della Mobile, Niccolò Battisti e uno degli arrestati nell’indagine contro lo spaccio

Sondrio, 21 marzo 2024 – Ieri, nell’aula numero 12 al piano terra del Palazzo di giustizia del capoluogo valtellinese, altra raffica di interrogatori di garanzia per le persone colpite, nei giorni scorsi, da misure cautelari ristrittive nell’ambito dell’indagine battezzata Apres Ski“ della Squadra Mobile della questura di Sondrio - coordinata dal sostituto procuratore Chiara Costagliola con la super visione del procuratore Piero Basilone - che ha smantellato un’organizzazione albanese dedita allo spaccio di cocaina in prevalenza e di altre sostanze (eroina e hashish), con elementi di primo piano perfettamente inseriti nel tessuto sociale e lavorativo di Livigno.

"I valtellinesi fermati avevano il ruolo di pusher", aveva spiegato il dirigente della Mobile, Niccolò Battisti. Il gip Antonio De Rosa, che aveva firmato i provvedimenti su richiesta della Procura, ha esaminato le posizioni dei soggetti che nell’organizzazione, legata ad esponenti della mafia albanese di Skutari, avrebbero rivestito un ruolo meno importante, ossia di spaccio, al punto che per loro non si sono aperte le porte del carcere, ma hanno ottenuto gli arresti domiciliari.

I  valtellinesi

C’è chi si è avvalso della facoltà di non rispondere e chi, invece, rispondendo alle domande del giudice ha cercato di ridimensionare la propria posizione. Diversi i valtellinesi, posti alla detenzione in casa, come Ivan Togni di Sondalo, Angelo Stefano Ricetti, anch’egli residente nel paese conosciuto per l’ospedale “Morelli“, Fabio Rodigari di Livigno, il dominicano Maximiliano Medina Alcantara, che vive nel “piccolo Tibet“, Mauro Gaetano (il cognome), anch’egli residente nella località in territorio extradoganale e con la misura più soft dell’obbligo di dimora, e Megi, la moglie ai domiciliari dell’albanese Gentian Dabati, quest’ultimo interrogato sabato (avrebbe avuto l’incarico di trasportare la coca in Alta Valle, arrivata a Colico) con il connazionale Indrit Idrizi e il livignasco Matteo Rodigari, tutti e tre residenti a Livigno e detenuti nel carcere sondriese di via Caimi.

Il 22enne marocchino-albanese, titolare di imprese edili a Torino, ora in cella a Ivrea, ascoltato su delega, come pure il “corriere“ romeno residente a Rimini. Ancora latitante il “cervello“ della banda, il 26enne di Skutari, ricercato anche per omicidio e corruzione di magistrati nel suo Paese.