L’infinito oltre il ponte di barche

Andrea

Maietti

Accidia, scespiriano vizio capitale. Amleto è il più grande accidioso della letteratura. Uno che sa quel che dovrebbe fare e continuamente rimanda l’azione. Ma come potrebbe agire chi è approdato alla conclusione che l’uomo non è altro che “quintessenza di polvere”, e ha urlato al Dio del silenzio il suo tedio: “O Dio, come sembrano sterili, rancidi, insulsi i nostri costumi!”. Sarà per questo che amo Amleto più di Macbeth. E non è stato sublime accidioso quel mistero d’atleta di nome Gianni Bugno? Pareva a volte un verso di Montale: cercava oltre il traguardo immagini che portavano scritto “più in là”. La pioggia lo immalinconiva. La sua fede era una candela insidiata dal vento. Gianni Bugno, un cielo di Lombardia, bello e intriso di tramonti. Sarà che sono un poco accidioso pur io. Sono pure partito sul far di gioventù: dal natio borgo alla tentacolare metropoli. A 23 anni l’invito di un importante giornalista della rosea perché lo seguissi alle Olimpiadi di Tokyo. L’occasione to take the plunge (per tuffarmi nell’avventura), come dicono gli inglesi. Mio padre disse di no. E io ne feci il mio alibi. Ma ero io che non avevo voluto partire. Ne compresi il motivo quando mi imbattei in questi pochi versi di William Blake (1757-1827): “To see a World in a grain of sand And a Heaven in a wild flower; Hold infinity in the palm of your hand, And Eternity in an hour” (Vedere il Mondo in un granello di sabbia E il paradiso in un fiore di campo; Tenere l’infinito nel palmo della mano E l’Eternità in un’ora). Sui sabbiali dell’Adda avevo calpestato infiniti granelli di sabbia. Nei campi della Cascina Cantarana avevo visto il paradiso dei ravizzoni d’aprile, dei papaveri tra le spighe di giugno. L’infinito si spalancava oltre il ponte di barche che ansimava come un animale apocalittico tra la riva lodigiana e quella cremasca. E nell’ora che precede il tramonto, sprofondato in un’andana del maggengo, all’ombra della gabada, mentre un’allodola puntava dritto al sole, il tempo mi pareva eterno. Mio nonno, dal carro quasi riempito, scuoteva la testa e sorrideva.