Li chiamavano “pupulan“. Erano papaveri

Emilio Magni ricorda con nostalgia le coltivazioni di grano della sua infanzia, condividendo aneddoti e tradizioni legate alla vita contadina in Alta Brianza.

Magni

Con l’arrivo della primavera ho ripreso a fare qualche breve passeggiata tra i campi coltivati nella Piana di Erba, grande area agricola che ancora resite all’urbanizzazione. Era con me l’amico Stefano al quale ho mostrato, con mio rallegramento, alcuni campi in cui le messi sono già assai sviluppate. La mia soddisfazione era motivata dal fatto che da tempo non vedevo più coltivazioni di grano in Alta Brianza. L’amico Stefano, per sfottermi un po’ ha commentato: "Ma tu che ne sai di un campo di grano…", rispolverando con un po’ di vanità il celebre verso di "Pensieri e parole", famosa canzone di Lucio Battisti. Gli ho risposto: "Fa minga el bauscia. So benissimo cosa sono i campi di grano". Vissi infatti la coltivazione del frumento nei campi di mio nonno contadino. Mi ricordo la falciatura, i covoni, la trebbiatrice che arriva in piene estate e riempiva i sacchi di frumento: momenti di grande allegria per i “paisan“. Mi ricordo anche dei grandi campi di grano ondeggianti alla brezza e punteggiati di papaveri rossi, che i contadini chiamavano “i pupulan“ e che creavano un contrasto cromatico stupendo a vedersi. Gli ho raccontato anche la storia che mio nonno mi ha narrato molte volte con qualche emozione. Erano gli anni tra le due guerre e per decisione del governo fascista i contadini dovevano consegnare “all’ammasso“, come si diceva, una parte dei loro raccolti: tutto per contribuire a sostenere l’economia della nazione. Avvenne che un giorno di fine estate della seconda metà degli trenta, il nonno portò “all’ammasso“ due sacchi colmi di grano. Una guardia fascista che controllava le operazioni, investì il nonno con queste severe parole: "Ma come con tutti i campi che coltivi a frumento solo due sacchi consegni?". Il nonno rispose: "Ma eran pussée pupulann che furment". Insomma nei suoi campi c’erano più papaveri che spighe. Quindi il raccolto era stato scarso. “Pupoulan“ si dice però solo in Brianza e nel Lecchese. Per l’esperto Gianfranco Scotti viene dal latino “pupa“.

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