La rete delle chiese invia cibo e vestiti

"Le persone scappano fuori dai confini ma sperano di rientrare anche se non hanno nulla"

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L’ultima richiesta è arrivata direttamente dal vescovo di una diocesi ucraina: serve un furgone per trasportare il cibo da destinare a chi vive il dramma della guerra. "Ci siamo subito attivati per raccogliere i fondi necessari", racconta don Alfredo Savoldi, sacerdote della diocesi di Brescia, fondatore e presidente onorario dell’associazione Chiese dell’Est, nata nel 1994 per raccogliere fondi a sostegno di progetti in Romania ed Ucraina per contrastare la povertà. "Dopo due o tre giorni dallo scoppio della guerra, la nostra rete di chiese che seguiamo in Ucraina e Romania ci hanno contattato – racconta – spiegando cosa stava accadendo e chiedendo soprattutto aiuti economici, perché al confine tra Romania e Ucraina c’era bisogno di gestire l’emergenza profughi. Spesso non avevano il necessario, soprattutto generi alimentari, medicinali, legna per il riscaldamento, ma anche lenzuola usa e getta, perché all’inizio le persone venivano ospitate una, due notti prima di raggiungere famigliari o conoscenti altrove". Ora, invece, il fenomeno sta cambiando volto: chi lascia l’Ucraina non sa dove andare, per cui si ferma al confine, sperando di poter tornare presto nelle proprie case. Una situazione che sta creando molta pressione sugli Stati confinanti, Polonia, Romania, dove il sistema regge grazie ad una straordinaria rete di solidarietà. "Ci raccontano che le persone scappano dall’Ucraina perché hanno paura, ma sperano di rientrare nel loro Paese, anche se non hanno più nulla, pronti a ricostruire le loro case". Dalla sede di San Paolo, l’associazione continua a raccogliere fondi per inviare aiuti tramite case religiose o le Caritas locali (tutto documentato da foto e video). "Ci atteniamo alle loro richieste – sottolinea Savoldi – l’altro giorno è partito un camion con coperte, materassi, vestiti, cibo, medicinali". Il contatto con chi è alla frontiera è costante. "Chi è a Leopoli è relativamente più tranquillo, stanno anche continuando gli studi in seminario. Ci dicono che anche i bambini, scappati all’estero, riescono a fare lezione a distanza, con la Dad". Tra i contatti in Romania, però, inizia a serpeggiare un po’ di paura per l’ampliamento del conflitto. "Io continuo a rassicurarli, perché non credo che Putin vada ad innescare un conflitto con un Paese che è nella Nato, come la Romania. Capisco tuttavia il timore, anche perché vengono da 40 anni di dittatura". Proprio la Romania sarà la meta di don Savoldi, in partenza già domani.

Federica Pacella