Il professore di arte arrestato in Nepal Concluso il dibattimento

Ancora un rinvio. Almeno fino a mercoledì non si saprà nulla. Tiziano Ronchi, il 27enne scultore e docente dell’Accademia di Belle Arti arrestato lo scorso 5 marzo in Nepal con l’accusa di aver cercato di rubare reperti sacri dall’area dei templi di Bakthapur, a dieci chilometri da Katmandu, dovrà aspettare ancora per conoscere il suo destino giudiziario. Nelle scorse ore si è concluso il processo a suo carico. Davanti ai giudici il professore si è presentato da libero, giacché era stato rimesso in libertà dietro il pagamento di una cauzione. Le accuse nei suoi confronti sono state confermate, la difesa invece, insistendo anche sul fatto che addosso al giovane non era stato trovato alcunché di compromettente, ha perorato l’assoluzione e il rientro in Italia. Ronchi sperava di conoscere il verdetto ieri, invece la Corte ha riaggiornato le parti al 12 aprile. E nemmeno in quell’occasione è certo che sarà pronunciata sentenza, sia sul merito delle imputazioni, sia per quanto riguarda la possibilità di lasciare il Nepal. Un’agonia per la famiglia del giovane, di recente raggiunto dal padre e dalla fidanzata, e assistito dal Consolato e dalla Farnesina. Cattedra di Decorazione all’Accademia, passione per la natura, il trekking, gli sport e l’arte, Ronchi era partito da Sarezzo, dove vive, il 31 gennaio per esplorare l’India e il Nepal. Il rientro era previsto per il 6 marzo ma il giorno precedente è finito in manette. Stando all’accusa avrebbe tentato di trafugare con un coltello pezzi di una statua metallica nel tempio Taleju di Bakthapur. Da subito però il docente ha negato ogni addebito, parlando di un "grosso equivoco".