Il Precipizio. Pochi chiodi e un “mare“ liscio e verticale

I tre stavano affrontando una via su alte difficoltà aperta negli anni Ottanta dai pionieri della valle .

Il Precipizio. Pochi chiodi  e un “mare“ liscio e verticale

Il Precipizio. Pochi chiodi e un “mare“ liscio e verticale

I tre soccorritori della Guardia di finanza che ieri hanno perso la vita in Val di Mello, stavano scalando il Precipizio degli Asteroidi lungo la via “Amplesso complesso”, un itinerario su alte difficoltà che percorre un mare liscio di granito verticale. Una via di trecento metri aperta nei primissimi anni ’80 da Enrico Olivo, Paolo Masa, Jacopo Merizzi e Piera Panatti. Dopo che erano state percorse tutte le linee logiche della della valle in fessura, il loro sguardo iniziò a scrutare le placche più lisce della parete. "Eravamo stati attratti da queste linee che passano accanto a “Oceano Irrazionale“", spiegarono gli apritori. "L’eroe della giornata fu senza dubbio l’Olivo Tico, un geniaccio dell’arrampicata, che aveva una caratteristica particolare: arrampicava pochissime volte all’anno, perché aveva altro da fare. Vederlo arrampicare però era quasi irritante per la naturalezza, la potenza che sprigionava con le movenze di un grande felino. Così, quando arrivammo alla base del tiro chiave, due gobbe repulsive messe una sopra l’altra, con una altezza di una quindicina di metri assolutamente “improteggibili”, dichiarò con voce stentorea e in puro dialetto “malenco”: “cià vu su me”. Risolvendo con grande spirito sintetico il clima da “melina” che si era impossessato dei suoi compagni di cordata, il sottoscritto e il nostro amico Jacopo Merizzi", raccontò Masa. Tiri attualmente ancora temuti dagli scalatori. Qualcuno aveva messo degli spit (delle protezioni in caso di caduta) sui passaggi più lunghi e difficili, poi tolti come da “tradizione“ in val di Mello.

“Amplesso complesso“ rimane una delle vie più belle della valle ma anche una di quelle più severe. Dagli anni Settanta la Val di Mello è diventato una sorta di santuario per l’arrampicata libera, infatti i chiodi sono pochi o inesistenti. Le soste, quelle su cui gli scalatori si assicurano per progredire nella salita di vie lunghe, sono da “attrezzare” di volta in volta. Una scelta che arriva da lontano, dallo spirito “puro” che hanno mantenuto gli scalatori impegnati in questa valle – un’area interamente ricompresa in una riserva naturale – anche nei confronti delle pareti di roccia. Federico Magni