Il caso di Sana. Lascia l’avvocato di padre e fratello

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Cambio improvviso di avvocato per Mustafa e Adnan Cheema, il padre e il fratello maggiore di Sana, la 25enne italopakistana cresciuta a Brescia che la procura generale ritiene giustiziata nel Paese d’origine - il 18 aprile 2018 - dai maschi di famiglia per il suo rifiuto al diktat delle nozze combinate. Gli imputati, finora mai presenti in aula, nell’udienza in agenda stamani non saranno più rappresentati dal legale Klodjan Kolaj, che ha fatto un passo indietro: "È venuto meno il rapporto di fiducia con i miei assistiti – ha dichiarato Kolaj, senza entrare nel merito –. Ma sia chiaro che entrambi ci tengono a difendersi dalle accuse".

La scorsa udienza la Corte d’Assise, presieduta da Roberto Spanò, aveva acquisito una videointervista della Tv pakistana nella quale il fratello di Sana aveva confessato davanti alle telecamere l’omicidio, poi ritrattato davanti ai giudici della Corte di Gujrat durante il processo che fu celebrato in Pakistan. Padre e figlio, imputati insieme ad altri parenti, tra cui la madre, furono assolti per insufficienza di prove. La tesi sostenuta ufficialmente dai Cheema è che Sana morì per colpa di un malore. Una tesi smentita dall’autopsia, che evidenzia i segni di uno strangolamento.

Oggi l’udienza riprenderà con due nuovi legali d’ufficio: per permettere loro di studiare gli atti, si profila un probabile rinvio. La Corte dovrà anche occuparsi della definizione dei dettagli del viaggio a Islamabad previsto per la prossima primavera.

B.Ras.