"Grande Lecco con Ballabio e Morterone"

La proposta di Valsecchi. Ma i paesini non ci stanno

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di Daniele De Salvo

Morterone potrebbe perdere il primato di borgo più piccolo d’Italia con i suoi trenta abitanti, non per un improvviso boom demografico, ma perché potrebbe essere accorpata a Lecco e Ballabio. Lo propone l’ex assessore ai Lavori pubblici di Lecco Corrado Valsecchi, ora sui banchi di opposizione come capogruppo di Appello per Lecco.

"Proponiamo di allargare i confini del capoluogo per consentire alle comunità di essere più competitive e avere maggiori servizi", spiega. Morterone verrebbe annessa a Lecco per incorporazione, Ballabio per fusione. In ballo ci sono 20 milioni in 10 anni a fondo perduto. "Lecco, Ballabio e Morterone assieme diventerebbero la città capoluogo più verde d’Italia, intercettando tutti i più cospicui finanziamenti statali, regionali e europei", spiega inoltre Valsecchi.

La Grande Lecco avrebbe più di 50mila abitanti e si estenderebbe su una superficie di 7mila ettari, la maggior parte di prati e boschi incontaminati, dalle sponde del lago di Como alle porte della Valsassina, fin sulle pendici del Resegone. I morteronesi, però, non vogliono saperne di diventare lecchesi. "Non se ne parla proprio – taglia corto il sindaco Dario Pesenti, che si è candidato proprio per evitare che nessuno si presentasse alle elezioni e che Morterone venisse accorpato d’ufficio a Lecco, come auspicato dalla sua predecessora Antonella Invernizzi –. Abbiamo la nostra storia, la nostra autonomia e le nostre peculiarità da salvaguardare. Meglio piccoli e con poche risorse, che estrema periferia dimenticata di Lecco".

Nemmeno il primo cittadino di Ballabio Giovanni Bruno Bussola, sebbene prossimo alle dimissioni per una crisi di governo della sua maggioranza, vuole che il suo paese diventi il "giardino di Lecco". "Un no categorico e definitivo – garantisce –. Siamo orgogliosi di essere ballabiesi, non abbiamo nessuna intenzione di diventare la periferia di una città".

Dal canto suo l’esponente di Appello per Lecco avverte che tanto la strada è segnata: "Dobbiamo essere noi gli artefici del nostro futuro e non lasciarlo in mano ai burocrati romani che, prima o poi, decideranno con il compasso i nuovi confini dei Comuni, come già avvenuto negli anni Venti del secolo scorso".