Gas e cereali alle stelle per colpa di Putin

Dopo l’invasione dell’Ucraina sono aumentati rispettivamente del 379% e del 5,7%, Coldiretti e Confcommercio invocano aiuti

di Federica Pacella

Solo una settimana fa gli agricoltori erano scesi in piazza, in tutta la Lombardia, per chiedere aiuto contro il caro bollette ed il rialzo dei prezzi dei mangimi. Ora nuove nubi si addensano sulle aziende agricole, sospinte dai venti di guerra che soffiano da Est. Col porto di Odessa bloccato ed il conseguente fermo delle esportazioni rischia di collassare il mercato internazionale dei cereali, visto che la Russia è il primo esportatore, l’Ucraina è il terzo. Ma le aziende potrebbero anche non avere i fertilizzanti e rischiano di veder crescere i costi di produzione, per effetto di una nuova impennata dei prezzi di gas e petrolio, che potrebbero decretare la parola fine per molte attività agricole che già da mesi denunciano di lavorare senza reddito. Confagricoltura Brescia evidenzia come l’urea per i fertilizzanti sia aumentata del 245% rispetto all’ultimo trimestre 2020, di oltre il 100% da febbraio 2021; il prezzo del grano è in crescita del 35% rispetto a febbraio dello scorso anno; i prezzi del gas naturale hanno registrato un aumento del 379% rispetto al 2020. Secondo l’analisi di Coldiretti, già il 24 febbraio, sotto la spinta dell’attacco della Russia all’Ucraina i prezzi del grano sono balzati del 5,7% in un solo giorno raggiungendo il valore massimo da 9 anni a 9.34 dollari a bushel (il dato arriva dall’analisi alla chiusura del mercato future della borsa merci di Chicago dove i cereali si misurano con questo parametro che equivale a 32-26 litri)). Nel mercato italiano, alla Borsa Merci di Bologna, si vede già un +41% per l’orzo, +28% il mais di origine nazionale.

"Il mercato dei cereali è sotto pressione anche a causa delle stime relative alla contrazione dei raccolti in Argentina e Brasile per la carenza di piogge – spiega il presidente di Confagricoltura Brescia Giovanni Garbelli -. È destinato quindi a salire il costo per l’alimentazione del bestiame che già alla fine dello scorso anno ha fatto registrare un rialzo del 30%". Il peso della guerra in Ucraina è la goccia che rischia di far traboccare il vaso, con rialzi non solo per i produttori, ma anche per i consumatori, perché ne conseguirà l’aumento della spesa di beni primari come il pane. "L’intero settore agricolo è preoccupato, - continua Garbelli - sia per la situazione di profonda instabilità che si sta creando sia per il rischio concreto di un nuovo rialzo dei prezzi del gas e del petrolio e del conseguente aumento del costo dell’energia, che impatta su tutti i mezzi di produzione e sui trasporti e coinvolge tutti i settori agricoli.

Il timore è per un’ulteriore stretta, da parte di Mosca, delle importazioni di prodotti agroalimentari dagli Stati membri dell’Unione europea". In fibrillazione c’è anche il settore manifatturiero, per la riduzione dell’export nei due Paesi coinvolti dal conflitto. Secondo i dati forniti dall’Osservatorio di Confartigianato Lombardia, nel teatro di guerra - Russia e Ucraina - il complesso delle esportazioni lombarde negli ultimi 12 mesi ammonta a 2.614 milioni di euro (81% indirizzate al mercato russo). Raggiunge invece 1.623 milioni di euro il valore delle importazioni determinando un saldo positivo per 991 milioni di euro. Dopo la crisi della Crimea del 2014, la Lombardia ha registrato un calo dell’export verso la Russia del 30,4%: ora si teme che possa andare anche peggio.