Dieci morti in più rispetto all’anno scorso

In Lombardia si sono verificati già 24 decessi nei luoghi di lavoro solo nei mesi di gennaio e febbraio

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Morti bianche e denunce di infortunio sul lavoro in aumento nei primi due mesi del 2022. Secondo i dati diffusi dall’Inail, in Lombardia a gennaio e febbraio si sono registrati 24 decessi sul lavoro, 10 in più dello stesso periodo del 2021, e ben 24.657 infortuni, contro i 15.479 dei primi due mesi del 2021. Spicca, in negativo, il dato di Milano, dove si sono rilevate 9464 denunce per infortunio contro le 5111 del 2021, ma anche quello di Brescia, dove si è registrato il 78% in più di infortuni (da 2158 del 2021 a 3843 dei primi due mesi del 2022. Al terzo posto, Bergamo con 2144 infortuni denunciati rispetto ai 1586 del 2021. Il maggior numero di morti bianche si è registrato a Milano (6) seguito da Brescia (5) e Mantova (4).

"Speriamo che non sia questa la tendenza per l’intero anno – sottolinea Paolo Reboni, che nella segreteria provinciale della Cisl si occupa delle politiche per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro –. Sono tanti i fattori da considerare. Credo che un peso ce l’abbia l’organizzazione aziendale. Nel Bresciano, tra i territori con i dati peggiori, il 65% delle imprese ha meno di 9 dipendenti e questo incide molto sulla prevenzione, perché c’è molto turn-over e le persone non sono seguite come si dovrebbe fare". Le leggi non mancano: secondo Reboni, la normativa italiana è tra le più evolute a livello europeo. "Il problema è farle applicare, ma la struttura di controllo è debole, perché non basta fare una telefonata e legger qualche foglio per verificare che siano rispettate le condizioni di sicurezza. Sono necessarie le visite in azienda". Il trend, con qualche variazione in negativo prevalentemente in anni di crisi, è sostanzialmente in crescita. "In molti casi è la volontà di stringere i tempi e risparmiare sui costi all’origine di infortuni che possono essere anche mortali. Se la vita di una persona vale 1 euro in più o in meno, mi chiedo che Paese siamo".

Se gli incidenti mortali fanno quanto meno ancora clamore, gli infortuni fanno meno notizia, nonostante il grande impatto per chi li subisce. "Perdere una mano è una cosa che segna per tutta la vita – evidenzia Reboni –. Se la normativa fosse applicata alla lettera, non avremmo più un infortunio in Italia, invece i dati sono quelli di una tragedia senza fine. Continuiamo a chiedere prevenzione, prevenzione e ancora prevenzione. Tutti gli attori in campo devono essere consapevoli che la sottovalutazione del problema, come risposte parziali e intempestive, ci fanno in qualche modo corresponsabili del dramma".

Federica Pacella