Delitto di Donald Sacchetto, il killer Simone Rossi: faccio paura? Non torno in Valtellina

Ardenno (Sondrio), parla il 41enne condannato a 30 anni e detenuto all’Isola d’Elba: "La sorella di Donald può stare tranquilla, non mi vedrà in paese"

La cava dove furono trovati i resti di Donald Sacchetto

La cava dove furono trovati i resti di Donald Sacchetto

«Se torna in libertà, in Valtellina, dopo avere scontato appena 13 anni, è come se mio fratello Donald venisse ucciso una seconda volta». Così una settimana fa Loana Sacchetto si era espressa sulla possibilità che Simone Rossi di Ardenno, oggi 41enne, possa a breve lasciare il penitenziario di Porto Azzurro dove sta scontando la pena. L’imprenditore, per l’“omicidio nella cava“, come fu battezzato il delitto, fu condannato a 32 anni in primo grado poi scesi a 30, sentenza diventata definitiva. Per la giustizia uccise Sacchetto e ne distrusse il cadavere in una macchina tritasassi che straziò il corpo: un cane addestrato troverà solo miseri resti. Rossi all’epoca lavorava come geometra nella ditta “Rossi Graniti“ fondata dal nonno Guglielmo. Una famiglia, la sua, da sempre impegnata nel campo dei marmi, mentre la ditta nata nel 1999, la cui sede operativa è attigua a quella poi guidata da Walter e dallo zio, rispettivamente padre e zio del recluso, la “Rm Scavi“ di cui è titolare il 46enne Michele Rossi si occupa d’altro: «Mio fratello Simone è vittima di un errore giudiziario. Al processo diversi testi scivolarono in contraddizioni, senza rendersi conto che in ballo c’era il futuro di un ragazzo. Non fu lui a fare pezzi Donald». 

Una svolta , per certi aspetti clamorosa, alle indiscrezioni raccolte nei giorni scorsi da Loana, la 50enne sorella di Donald Sacchetto di Ardenno, nella Bassa Valtellina, ucciso e fatto a pezzi – lo certificano le sentenze – da Simone Rossi, oggi 41enne, che sta scontando trent’anni di pena. La donna aveva detto di temere di "potere incontrare, nelle prossime settimane, in una via del paese, l’assassino di mio fratello che ritorna in paese per trascorrere in famiglia le vacanze di Natale, in quanto in semilibertà". Una circostanza, quest’ultima, che viene esclusa in modo categorico dal recluso che, grazie al fratello, siamo riusciti a raggiungere all’isola d’Elba, dove sta espiando la pena anche se si ritiene "vittima di un errore giudiziario, in quanto non colpevole di omicidio".

Rossi, tornerà in Valtellina a breve?

"Tra non meno di 3 anni si può eventualmente parlare di una mia possibilità di ritorno in Valtellina per fare una visita ai miei familiari – spiega Simone Rossi rispondendo al telefono –. Ora la legge non lo consente assolutamente e io intendo rispettare in pieno le regole, come ho fatto dal primo giorno in cui sono detenuto. Dal 1° giugno 2009 non ho mai ricevuto un solo richiamo".

Il comportamento tenuto la aiuta nel fare passi avanti nel percorso di recupero?

"I permessi che ottengo dal magistrato di Sorveglianza sono concessi a fronte di un mio percorso impeccabile e valgono soltanto per essere “spesi“ sull’isola d’Elba, dove posso incontrare i miei genitori che vengono a trovarmi, ma non è possibile che io possa godere dei permessi per venire ad Ardenno a trascorrere il Natale o altre festività".

Ma attualmente ha la possibilità di uscire dal carcere, dove ha conseguito un secondo diploma, per lavorare, giusto?

"Sì, sono in regime di articolo 21 che è un percorso lavorativo esterno, ma con orari leggermente più ristretti rispetto a quanto prevede la semilibertà la quale è uno step superiore al quale non sono ancora arrivato. Devo sempre lavorare sul territorio elbano, non altrove. Esco la mattina e opero come geometra per una cooperativa edile che fa anche interventi di manutenzione. Quando finisco il lavoro, a pomeriggio inoltrato, aspetto l’ora del rientro, nel carcere di Porto Azzurro, in un alloggio in affitto. L’attività che faccio mi aiuta a crescere: la coop per cui lavoro avverte ancora di più le difficoltà che hanno oggi tutte le imprese edili a reperire i materiali. Siamo su un’isola".