Berbenno, spara alla compagna e scappa con la bambina

Parla il padre di Jessica, le cui condizioni sono in miglioramento

L'abitazione è stata posta sotto sequestro

L'abitazione è stata posta sotto sequestro

Berbenno di Valtellina (Sondrio), 1 luglio 2019 - La casa è sotto sequestro, i carabinieri la stanno sottoponendo a verifiche accurate, e sabato pomeriggio si è svolto l’ultimo sopralluogo nell’abitazione teatro del tentato omicidio che ha scosso la comunità di Berbenno di Valtellina.

Mentre Riccardo Tarotelli, 41enne di Berbenno, è rinchiuso nel carcere di Sondrio dopo la convalida dell’arresto decisa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Sondrio, Carlo Camnasio, e la sua vittima, Jessica Maurovich, 29enne originaria di Trieste, è ancora in ospedale, proseguono a pieno ritmo le indagini coordinate dal sostituto procuratore Stefano Latorre per fare piena luce sulla vicenda. «È stato un incidente. I due colpi sono partiti per sbaglio. Credevo che l’arma fosse scarica. E i proiettili sono partiti durante una collutazione» la versione fornita dal 41enne in un primo interrogatorio, ma non confermata sabato in sede di interrogatorio di convalida dell’arresto, quando ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. L’uomo è poi fuggito portando con sé la figlioletta di entrambi, di un anno e mezzo. Una versione, però, che stride con gli elementi raccolti dagli investigatori.

I carabinieri sperano di poter sentire presto la 29enne originaria di Trieste. Al momento è ancora ricoverata in prognosi riservata, ma le sue condizioni sembrano essere in via di miglioramento, e si spera che presto possa raccontare cosa davvero è accaduto. «Mia figlia – afferma il papà di Jessica, Giovanni Maurovich – non ha dormito tutta notte. È molto agitata, forse colpa delle terapie». L’altro giorno, intanto, anche il genitore ha fatto la sua deposizione ai carabinieri del Comando provinciale di Sondrio che indagano sul tentato omicidio aggravato e sul sequestro di persona aggravato per quanto riguarda la bambina. Il papà di Jessica ha parlato con la figlia che era appena stata colpita dai due proiettili. «Mi ha chiamato lei. Mia figlia, piangendo, mi implorava di raggiungerla al più presto, dicendomi che stava per morire – ha raccontato infatti l’uomo –. Era sera, mi trovavo a Trieste, la città in cui sono nato e continuo a vivere. Con il cuore in gola, dopo avere cercato di tranquillizzare Jessica al telefono, sono corso a prendere l’auto e partire alla volta della Valtellina, dove ho cercato di arrivare al più presto, ma il viaggio è lungo».