Denunciò violenza, si suicida: "Codice rosso mai attivato"

Ardenno, due anni fa inscenò un tentativo col gas e i figlioletti in casa e fu accusata di tentato duplice omicidio. Trovata morta in cantina. L’avvocato: "Aspettava giustizia"

L’avvocato Valentina Baruffi del Foro di Sondrio che assisteva la donna trovata morta

L’avvocato Valentina Baruffi del Foro di Sondrio che assisteva la donna trovata morta

Ardenno, 24 maggio 2022 - Era il 31 ottobre 2020 quando una 46enne di Ardenno esasperata, sentendosi sola e abbandonata coi 2 figlioletti cercava di chiedere per l’ennesima volta aiuto mettendo in ‘scena’ un goffo tentativo di togliersi la vita con il gas, da qui l’imputazione di tentato duplice omicidio. A distanza di un anno e mezzo la donna è stata ritrovata morta nella cantina della sua casa, la stessa in cui era avvenuto quell’episodio. I bambini, sua unica ragione di vita, da allora in una comunità protetta, con un percorso prescritto alla madre e dalla stessa ligiamente seguito fino all’ultimo.

«Un percorso - afferma l’avvocato della vittima, Valentina Baruffi - ostacolato dalla Tutela Minori che la colpevolizzava ad ogni incontro dimostrando di non saper ascoltare le sue richieste d’aiuto, la stessa che le aveva comunicato, da poco, di aver deciso di affidare i suoi piccoli ad altri genitori, forse anche separandoli, prendendo per oro colato il contenuto di quel rapporto d’indagine iniziale ricco di particolari totalmente fantasiosi e menzogneri, come del resto emerse presto dalle carte dell’inchiesta. Quello che in realtà era successo era stato un disperato tentativo della donna di richiamare su di sè l’attenzione per ciò che, da tempo, subiva dal convivente che la teneva in ostaggio, la picchiava, le imponeva abusi non solo sessuali, la obbligava a una rigida educazione ai bimbi che aveva avuto da una precedente relazione ed altri maltrattamenti". Il legale di Sondrio, dopo la tragica fine della sua assistita, ha deciso di rendere pubblica la storia.

«La donna - ricorda Baruffi - chiese ripetutamente di essere ascoltata e, nonostante le sue continue richieste, veniva sentita solo dopo oltre un anno dai fatti. Più volte scrisse ai magistrati per sollecitare un loro intervento. Ma nei confronti di quell’individuo aggressivo, indagato in stato di libertà, non è stato adottato alcun provvedimento. Tante volte il mio studio ha chiesto misure restrittive. Inutilmente. E lei aveva tanta paura. Ha dovuto cambiare casa, abitudini, amicizie. Si è trovata un lavoro come donna delle pulizie. Per oltre un anno la sua denuncia non è stata presa in considerazione. La legge prescrive che le vittime di violenza debbano essere sentite entro 3 giorni e che, al fine di evitare la c.d. ‘vittimizzazione secondaria’, vanno sentite il meno possibile.

La pm non ha ritenuto importante sentirla. Poi il fascicolo è passato a un’altra collega che, invece, l’ha fatta ascoltare per 3 volte: il 25 ottobre 2021 (quasi un anno dopo), il 25 gennaio 2022 e il 10 maggio. Ha dovuto raccontare più volte l’orrore vissuto con quell’uomo, l’ultima in un incidente probatorio. E’ stata messa in estrema difficoltà. Proprio quel giorno si era convinta, dalle domande a lei rivolte e dal modo in cui erano state poste, di non essere creduta e che, quindi, non avrebbe avuto giustizia, che ‘aveva vinto lui’". Il 21 settembre 2021 Sabrina aveva scritto un’altra lettera alla Procura. "Dall’accaduto ad oggi - si legge tra l’altro - è passato quasi un anno e non sono mai stata sentita da nessuno e non mi è stato chiesto di raccontare i fatti, non essendo mai stato attivato il “codice rosso”. Voglio essere ascoltata per raccontare quello che io ho subito". E infine: "Non voglio che le mie “scarpette rosse” siano ancora ignorate". Questa è la storia di Sabrina, di cui ad oggi restano unicamente le sue grida d’aiuto, rimaste in gran parte inascoltate, da chi, forse, doveva aiutarla ad avere giustizia.