Appalti in mensa truccati: chiesto il processo per undici

Il gip deciderà sul giudizio immediato. Inchiesta dall’esposto della ex moglie di un funzionario

Migration

di Anna Giorgi

Dopo due mesi di indagine, al gip Tiziana Gueli è arrivata sul tavolo la richiesta di giudizio immediato per le 11 persone arrestate lo scorso 3 maggio. "Solo la buona sorte sinora avuta nel non incorrere nella giustizia aveva salvato i protagonisti di un malaffare diventato consuetudine consolidata da lungo tempo", si legge nelle carte dell’inchiesta. L’accusa è corruzione negli appalti per l’affidamento dei servizi di ristorazione in scuole e istituti per anziani, di pulizie in uffici pubblici, per un valore complessivo di 39 milioni di euro, in diversi comuni dell’hinterland e lombardi.

A firmare l’istanza nei giorni scorsi sono stati i pm Giovanna Cavalleri e Giovanni Polizzi e l’aggiunto Maurizio Romanelli, titolari dell’indagine a carico di una ventina di persone tra cui l’ex vicesindaco di Mediglia, Paolo Bianchi, ed Ernesto Pellegrini, il noto imprenditore nel mondo della ristorazione.

L’inchiesta è nata dall’esposto presentato nell’aprile dello scorso anno dalla moglie, in fase di separazione, e dalla figlia di un funzionario pubblico, nel quale segnalavano che Massimo Manco negli anni di lavoro al settore appalti di Cornaredo, aveva ottenuto "regalie di ogni tipo dagli imprenditori che vincevano le gare o dai fornitori, come soggiorni in hotel, biglietti per lo stadio e mobili, ma anche bici o auto e persino l’assunzione in ditta di qualche moglie o compagna dei soggetti interessati". Manco, due mesi fa, era finto in carcere con altre due persone e ora è ai domiciliari, mentre tra gli otto posti fin da subito ai domiciliari ci sono William e Massimiliano Fabbro, al vertice della Fabbro Food spa, azienda del settore. Nel mirino dei magistrati ci sono contratti di fornitura, per un totale di 39 milioni di euro, assegnati dai Comuni di Buccinasco, Cornaredo, Mediglia, nel Milanese, di Ranica (Bergamo) e Flero (Brescia) a favore di imprese (5 le società indagate) disposte anche a pagare una "tangente" compresa tra l’1 e il 2% del prezzo posto a base d’asta, con la possibilità di rateizzare quei versamenti illeciti.

Ora la parola passa al giudice. Chiedendo il rito immediato, ora i legali possono chiedere l’abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena, la procura ritiene di avere elementi sufficienti per dimostrare il proprio impianto accusatorio. Dalle indagini emergerebbe, aveva scritto il gup Gueli, "una evidente spregiudicatezza e abitualità nel turbare le gare anche dietro remunerazione".