
di Ciro Vestita
La mela è il frutto più antico ed ambito del mondo (Adamo docet). Il suo etimo ha la stessa radice del miele e della malva, e questo senz’altro è dipeso dalla sua dolcezza e dal potere antinfiammatorio simile a quello della malva (la regina delle piante depurative) e del miele, capolavoro naturale dai mille poteri curativi. Gli antichi Romani ne coltivavano più di cento varietà con raffinatissime tecniche agrarie quale quella di piantare fra un melo ed un altro una pianta di melanzana, solanacea utile ad attirare su di sè gli insetti; la mela arrivava integra a maturazione e le melanzane (malum insanum, mela non sana) piene di parassiti venivano date agli schiavi.
Le pezzature delle mele sono diversissime: si va dalla minuscola Annurca fino alla grossa Mela Imperatore che senz’altro fu la fortuna del figlio di Guglielmo Tell che, forse, con una piccola Annurca sarebbe stato più sfortunato. Grandi meriti anche in campo scientifico: grazie a una mela cadutagli sulla testa Newton scoprì la gravità. La foto della mela morsicata del matematico Alan Turing avvelenatosi col cianuro fu adottata per il logo della Apple da Steve Jobs in onore di Turing che, decrittando nel ’43 il Codice Enigma dei tedeschi, salvò milioni di persone. La mela è senz’altro il frutto più destagionalizzato, visto che grazie a raffinate tecniche di conservazione la possiamo trovare tutto l’anno. Le sue proprietà terapeutiche sono immense; al di là delle solite vitamine, essa contiene una sostanza chiamata Acido malico, dal forte potere antivirale. Quanto mangiarne al giorno? A tonnellate; ottime anche al forno con miele e cannella, un ottima merenda per i bambini.
Da pochi anni vengono riscoperte antiche varietà quali la mela ghiacciola, la mela ruggine,la mela volpina ed altre tutte dal sapore paradisiaco. Ottima compagnia a queste delizie la fanno altri frutti antichi quali le zizzole (o giuggiole) e soprattutto le sorbe: "con il tempo e con la paglia matura la sorba e la canaglia", recita il detto che spiega l’abitudine medievale di rinchiudere i birboni per un bel po’ a pane, acqua e pagliericcio.
Anche in campo fitoterapico vengono scoperte antiche cure, in primis la calendula fra poco in fioritura. Questa umile piantina dal colore arancione (si chiama infatti Fiorrancio) ha un forte potere cicatrizzante, utile, ad es, nelle donne in allattamento. Durante questa delicata fase, il capezzolo spesso presenta dolorose ragadi; vengono usate pomate antibiotiche,il processo infiammatorio va via ma il bambino probabilmente con la suzione ha assimilato particole di pomata, cosa non benefica. Con, invece, un decotto di Fiorrancio la guarigione è veloce senza effetti collaterali.
Altra pianta tornata in auge è l’Iperico o Erba di San Giovanni; ha compiti complessi che spesso risolve egregiamente anche se diversissimi fra di loro; è molto utile nelle ustioni lievi ma anche per curare le blande forme di depressione. Veniva usata dai Crociati negli ospedali di Cipro per i sodati feriti nella riconquista di Gerusalemme. Il perché venisse usata ha dell’incredibile: secondo la teoria dei segni, l’Iperico, avendo le sue foglie i canalicoli linfatici fratturati, poteva essere usata nei soldati con fratture. Medioevo? Sì, ma ogni tanto ci azzeccavano.