Riso, effetto sushi: boom dei prezzi

La richiesta del piatto orientale spinge le quotazioni. Ma solo del tipo a chicco tondo

Il riso per il sushi è sempre più ricercato

Il riso per il sushi è sempre più ricercato

Pavia - Tanta voglia di sushi. È il piatto del momento, il cibo che va più di moda e il mercato si adegua. Il riso dal chicco piccolo e tondo, il cosiddetto "riso comune" o "da minestra" che viene utilizzato nella cucina giapponese, infatti, è rincarato. Ed è un’eccezione perché i forti rincari dei cereali registrati nei primi mesi dell’anno, mais e grano tenero in particolare, hanno coinvolto solo in parte il mercato risicolo italiano. 

Lo ha evidenziato l’ultima analisi realizzata dalla Camera di Commercio di Pavia in collaborazione con Bmti, la società pubblica del sistema camerale italiano, istituita dal ministro delle politiche agricole nel 2006. Primo su tutti è risultato il Selenio (+37% tra marzo e maggio a Mortara), utilizzato per il sushi, che ha beneficiato sia del buon andamento delle richieste provenienti dalla ristorazione orientale che della disponibilità di prodotto limitata. 

In rialzo anche il Sole (+4%) e il Centauro (+8%), sempre a grana tonda. Stabili, invece, l’Arborio, il Carnaroli e il Sant’Andrea, che hanno continuato a risentire delle restrizioni imposte alla ristorazione e agli alberghi. Per altre varietà, come il Baldo, si sono osservati, inoltre, dei ribassi (-15% tra marzo e maggio), causati dalla diminuzione della domanda proveniente dalla Turchia e nei primi due mesi del 2021 è stata riscontrata una frenata del 12,3% per l’export di tutte le tipologie di riso italiano, ad accezione del risone (il riso greggio destinato alla lavorazione dell’industria).

"Il prezzo del Selenio è aumentato anche perché sono diminuite le superfici coltivate - spiega Stefano Greppi, risicoltore di Rosasco e presidente di Coldiretti Pavia -. Ma i prezzi di tutte le altre varietà non sono soddisfacenti, e in molti casi ancora al di sotto dei prezzi di produzione che dobbiamo sostenere noi produttori. Per risolvere i problemi servono seri contratti di filiera, con prezzi fissi e pluriennali stabiliti con l’industria. Solo in questo modo si potrà realizzare una vera programmazione, che consenta di ottenere la giusta remunerazione, che oggi è evidentemente squilibrata".