Pavia, 4 ottobre 2016 - E' nato sano, nonostante la madre abbia contratto il virus Zika durante la gravidanza. Ed è stato chiamato Matteo, non a caso. Al policlinico San Matteo di Pavia, che è centro di riferimento lombardo per la diagnosi dall’infezione da Zika e di altri virus, sono in tutto 19 le persone seguite nell’ultimo anno per essere risultate positive al virus Zika, su meno di un centinaio di casi sospetti analizzati. Fra queste diciannove persone, 4 donne colpite dal virus proprio durante la gravidanza. E oltre al piccolo Matteo, già nato senza essere risultato infettato dal pericoloso virus, anche in altri due casi le analisi prenatali hanno avuto esiti negativi, mentre per l’ultimo e più recente caso si devono ancora attendere gli accertamenti che verranno effettuati nelle prossime settimane.
I dati pavesi e lombardi sono dunque confortanti, considerando che in Brasile nel 2015 sono stati registrati 4mila casi di microcefalia provocata dalle conseguenze sul feto del virus Zika. "Si tratta di un virus – spiega Piero Marone, direttore della Medicina di laboratorio e della Microbiologia e virologia del policlinico San Matteo –, sul quale la ricerca deve ancora spiegare molte cose. È comparso da poco tempo e ancora si devono capire con precisione sia tutte le modalità di trasmissione che le reali conseguenze. Si sa che viene trasmesso attraverso la puntura della zanzara di tipo Aedes, ma non si conosce ancora l’eventuale trasmissione tramite la zanzara tigre. E si sa anche che il virus si diffonde per via sessuale, attraverso il seme dell’uomo. E si può trasmettere dalla madre al feto, causando gravi compromissioni nello sviluppo fetale, soprattutto nei primi mesi della gravidanza". L’emergenza sanitaria dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità per il virus Zika risale solo allo scorso febbraio e riguarda non solo il Brasile ma tutta l’America centrale, del Sud e i Caraibi.
I 19 pazienti seguiti al San Matteo sono quasi tutti ‘viaggiatori’, che hanno contratto il virus al di là dell’oceano. Solo in un caso la trasmissione è avvenuta in Italia: la moglie di un altro paziente ‘viaggiatore’, che ha contratto il virus dopo il rientro del marito. "I numeri dei nostri casi – spiega Fausto Baldanti, ricercatore del laboratorio di Virologia molecolare del San Matteo –, non sono tali da consentire un’attendibile statistica. Stiamo studiando i casi in sinergia con altri centri di ricerca, a livello internazionale". Per questo come per altri virus non ci sono ‘kit’ diagnostici disponibili ovunque, ma le analisi per stabilire la positività al virus possono essere effettuate solo in laboratori altamente specializzati, come appunto quelli del San Matteo.