MANUELA MARZIANI
Cronaca

Pavia, risvegli dal coma: svolta nella ricerca sui pazienti

Ecco il primo passo: una speranza dall’attività dei neuroni

I ricercatori ammettono i progressi ma negano che per ora si possa giungere rapidamente a una cura

Pavia, 11 novembre 2018 - Una speranza nel buio, lontana, da verificare. Ma sempre più concreta. Oggi un’équipe composta da neurochirurghi, anestesisti rianimatori, neuroradiologi e neurofisiologi dell’Università di Pavia, del San Matteo, dell’Istituto Neurologico Mondino (Lorenzo Magrassi, Alberto Azzalin, Stefano Bastianello) e dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr di Segrate (Antonio Zippo e Gabriele Biella) ha raccolto dati sull’attività elettrica dei singoli neuroni di pazienti che muovono gli occhi, rispondono a stimoli dolorosi, ma non mostrano consapevolezza di sé e dei pazienti in stato di minima coscienza che hanno risposte non prevedibili.

Professor Magrassi, perché è tanto importante il vostro studio?

«Per la prima volta si sono analizzate registrazioni ad altissima risoluzione spazio-temporale. Questi studi hanno lo scopo di chiarire le alterazioni dei circuiti cerebrali presenti nei pazienti con disturbi della coscienza, per favorire lo sviluppo di nuove terapie che possano un giorno aiutare i pazienti a migliorare. Inoltre, un’altra affascinante motivazione è la possibilità di contribuire a identificare e comprendere i meccanismi neurofisiologici che sottendono alla coscienza in assenza di patologie».

Come avete lavorato?

«Impiantando dei microelettrodi nel corso di interventi per la stimolazione cerebrale nel talamo e nella corteccia. Siamo intevenuti su tre pazienti, due in stato vegetativo e uno di minima coscienza».

E che cosa avete scoperto?

«Che l’attività neurofisiologica di queste strutture, nei pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza, è profondamente diversa da quella presente in soggetti normali durante periodi transitori di sospensione fisiologica o farmacologica della coscienza, quali il sonno non Rem e l’anestesia generale, che a un osservatore superficiale potrebbero sembrare simili. Inoltre lo studio delle reciproche influenze fra l’attività dei neuroni del talamo e della corteccia cerebrale ha dimostrato come queste siano fortemente diminuite, ma ancora presenti, particolarmente nei soggetti in stato di minima coscienza rispetto a quelli in stato vegetativo».

E ora quali prospettive si aprono?

«Non possiamo pensare che tutti i pazienti in stato vegetativo si risveglieranno. Sarebbe come se volessimo aggiustare un televisione con lo schermo in frantumi. Ma se il danno non fosse tanto grave, si potrebbe riparare. È una metafora per dire che, se un buon numero di connessioni fossero ancora attive, stimolando adeguatamente i pazienti si potrebbe migliorare lo stato di coscienza e l’attività cerebrale residua potrebbe essere ancora compatibile con il risveglio».