
Alì Muqtar, il 21enne somalo regolarmente assunto dalla Croce Rossa che lo impiega anche come mediatore (Torres)
Stradella, 30 settembre 2015 - Un profugo con la divisa della Croce Rossa al campo di accoglienza allestito a Stradella. «Sono un dipendente della Croce Rossa». E lo dice con soddisfazione e con il sorriso sulle labbra. Nero come gli altri 120 ospitati nel centro gestito dalla Cri dai primi di agosto scorso e destinato a rimanere in funzione per almeno altri 14-16 mesi, più o meno fino alla fine del 2016: il tempo stimato per chiarire la posizione dei migranti. Lui, il dipendente di colore della Cri, si chiama Alì Muqtar, ha 21 anni e viene dalla Somalia. Quando racconta la sua storia, soprattutto il ‘calvario’ per raggiungere la Libia e poi le coste italiane, il sorriso scompare. Una lunga ed estenuante marcia attraverso territori impervi, alla mercè di soprusi ed angherie, al limite della sopravvivenza. Poi finalmente la costa ed il sogno di poter attraversare il mare ed arrivare in Europa. Non senza angosce: «Si, ho avuto paura. Eravamo più di 100 su un gommone e se non fosse arrivata una nave italiana, forse saremmo morti tutti» dice Alì.
Ea più o meno un anno fa. Dopo una permanenza per il primo periodo in Sicilia, Alì arriva al centro di accoglienza allestito dalla Croce Rossa a Valle Lomellina. «Da subito non sapeva come fare per dimostrare la sua riconoscenza verso chi lo aveva salvato ed accolto – dice Gianluca Vicini, responsabile provinciale della Cri per le emergenze umanitarie e per l’assistenza ai profughi – e si è messo a disposizione come volontario, disponibile al 100% a collaborare in qualcosa di utile». Talmente generoso e capace che la Croce Rossa decide di assumerlo come dipendente. «Tutto questo è stato possibile perché Alì è stato il primo ad ottenere, in quanto somalo e proveniente da un territorio devastato da una lunga guerra, il riconoscimento di protezione internazionale» aggiunge Vicini.
Uno status che gli consente di rimanere in Italia per cinque anni. Ora Alì è uno dei dipendenti della Cri, regolarmente assunto e stipendiato, a lavorare, assieme ad altri volontari, nel centro di Stradella. Il suo compito è anche quello di mediatore, ovvero colui che dialoga ed aiuta gli altri profughi: aiuta a capirli e far loro comprendere come devono comportarsi. Ed oltre ad essere straordinariamente efficiente, è felice di potersi rendere utile. Ogni sera, però, torna al campo di Valle Lomellina dove continua a rimanere, ma puntuale, secondo i turni assegnati, è in servizio a Stradella. «E’ sicuramente un esempio per gli altri, la dimostrazione evidente che, volendo e potendo, l’integrazione funziona e dà ottimi risultati» sottolinea Vicini. Un modello che si può copiare e replicare anche a Stradella? «Occorre agire con molta gradualità e raziocinio. Non possiamo obbligarli a lavorare e ci sono stati anche casi di fraintendimenti che hanno provocato, in altri siti, delle denunce – dice Vicini – in ogni caso anche a Stradella non mancano esempi di chi vuole collaborare e si dimostra molto disponibile. Alcuni migranti si prestano, di loro iniziativa, a servire a tavola, aiutano a lavare pentole e c’è chi, ad ogni costo, vuole preparare il caffè per gli addetti della Croce Rossa».