
Federica Lucà ha voluto raccontare la propria sindrome
Pavia, 17 febbraio 2021 – La sindrome di Asperger raccontata da dentro, da chi ci convive perché sei anni fa ha scoperto proprio di essere una Asperger e ora ha trasformato il suo disturbo in una missione: aiutare genitori e ragazzi a confrontarsi con una neurodiversità di cui si conosce ancora poco. Per farlo Federica Lucà, 30 anni, ha aperto un profilo Instagram (@aspergeritaliaofficial) sul quale racconta per post colorati le difficoltà che si possono incontrare, i test per l’autodiagnosi, i problemi e le caratteristiche.
“Non siamo malati – racconta Federica alla vigilia della giornata mondiale della giornata mondiale della sindrome di Asperger – siamo neurodiversi. E’ un po’ come essere mancini, anche loro una volta non venivano accettati, mentre oggi si è capito che non è un problema, se qualcuno usa di più la mano sinistra. Purtroppo la nostra società ci vorrebbe tutti uguali e noi Asperger ragioniamo in modo diverso”.
Ad accendere i riflettori sulla sindrome ha contribuito Greta Thunberg, l’attivista ambientale che ha coinvolto nella battaglia contro i cambiamenti climatici molti giovani, ma soprattutto i grandi della Terra. “Dopo aver saputo che Greta è una Asperger molti hanno cercato informazioni – aggiunge Federica -, parlavano della sindrome anche per la strada. La Asperger attiene allo spettro austitico, ma anche in questo senso si tende a stereotipare tutto identificando la persona autistica con Rain man interpretato da Dustin Hoffman”.
Bullizzata, ostracizzata, Federica si è sempre sentita diversa. “La diagnosi non è arrivata facilmente – prosegue -. Attorno ai 20 anni non riuscivo a capire perché perdessi dei lavori non per incapacità, ma per difficoltà di socializzazione. Poi ho incontrato la dottoressa Natascia Brondino, dello staff del professor Pierluigi Politi, ordinario di Psichiatria dell’Università di Pavia, direttore dell’Unità complessa di psichiatria e responsabile del laboratorio autismo e ho ricevuto la diagnosi. La dottoressa Brondino è una delle poche in Italia a effettuare diagnosi sulle femmine. Spesso, anche per problemi culturali, le ragazze vengono etichettate come molto timide, si pensa che abbiano bisogno di stare da sole o che non riescano a stare in mezzo alle persone. Non si va a fondo, non si cerca di capire davvero”.
Dopo la diagnosi, Federica è stata sopraffatta da un treno di emozioni e dalla volontà di cambiare qualcosa, magari cominciando dai programmi scolastici: “Gli autistici – sottolinea – pensano per immagini, quindi si potrebbe puntare di più sulle immagini. Ma anche nelle famiglie i rapporti possono cambiare se si rompono gli schemi. Con il mio profilo Instagram sto provando a fare questo e in alcuni casi, almeno stando ai commenti che ricevo, ci sono riuscita. Perché gli scienziati studiano e arrivano a soluzioni che noi abbiamo da tempo. Un esempio? L’empatia: uno studio ha stabilito che non è vero che non proviamo emozioni, anzi ne proviamo molte e siamo super empatici”.
Seguita dalla dottoressa Brondino e dal suo gruppo, Federica in questi mesi di pandemia ha continuato a sottoporsi una terapia personalizzata e a partecipare a incontri di gruppo sulla piattaforma Zoom, mentre segue il suo profilo con li’intento di diffondere un messaggio. Un impegno destinato anche a crescere. “Con alcune ragazze di Pavia – conclude - stiamo lavorando a un progetto importante che sarà sempre seguito dal laboratorio autismo. Raccontare la neurodiversità non vuole diventare un lavoro, ma una missione per aiutare altri ragazzi come noi”.