"Nuovo appalto, niente contratto". E il Museo rimane chiuso

Col cambio di gestione l’unico operatore non ha più ottenuto i documenti in regola

Migration

Un solo operatore in servizio che, nel cambio di appalto, non ha ricevuto il contratto di lavoro. Per questo è chiuso il Museo della Certosa di Pavia. Non ha aperto i battenti nella prima domenica del mese, quando l’ingresso è gratuito, e neppure negli altri giorni di dicembre. Perché, se i lavoratori dei musei statali si rifiutano di firmare il contratto proposto dalla società che ha recentemente vinto la gara per i servizi di vigilanza e accoglienza, il Museo di Certosa è addirittura sfuggito. L’operatore si sta rivolgendo ai sindacati per far presente la situazione e regolarizzarla, ma nel frattempo non si apre.

Il problema è nato con il nuovo appalto per la gestione di 11 musei statali lombardi di cui almeno cinque hanno scioperato – il Parco nazionale delle incisioni rupestri e Museo nazionale di preistoria e protostoria in Val Camonica; il Museo archeologico nazionale di Cividate Camuno; il Museo della Certosa di Pavia; il Museo archeologico nazionale della Lomellina a Vigevano; la Villa romana di Desenzano che si è aggiudicato la Cosmopol di Avellino – L’importo totale per la gestione è di un milione e 150.330 euro, ma il contratto per gli operatori è peggiorativo e prevede una paga oraria di 5,38 euro lordi.

"La richiesta iniziale – dicono dall’associazione “Mi Riconosci“ che si occupa di professionisti dei beni culturali – era di 20 euro lordi. Ma con il massimo ribasso previsto per l’appalto del 33% si è arrivati a 5 euro lordi per consentire alla società di guadagnarci". E se i lavoratori non accetteranno questa retribuzione, la minaccia è di affidare il servizio ad altre persone. "Si dovrebbe applicare il contratto di Federculture non quello dei servizi di vigilanza – aggiungono da “Mi Riconosci“ – L’impegno e le competenze richieste agli operatori dei musei non sono gli stessi dei vigilanti. Noi non apriamo e chiudiamo i musei, dobbiamo anche dire che cosa contengono e magari farlo in lingue diverse. Ma soprattutto nel Nord Italia il contratto di Federculture non viene applicato e ora ci ritroviamo a lottare per pochi spiccioli perché tutto quello che potremmo ottenere è una maggiorazione sulla paga oraria per le giornate festive. Rimane comunque un salario quasi offensivo. Lo Stato si appropria di una fetta di patrimonio e sfrutta i lavoratori attraverso appalti con contratti collettivi inaccettabili".

Manuela Marziani