
Le protagoniste dello spettacolo proposto al collegio Borromeo
"C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce". Leonard Cohen cantava così e in Giappone si utilizza l’oro per esaltare la bellezza delle crepe sulla ceramica invece di nasconderle. Anche le ferite del corpo si possono esaltare, non coprire. Lo hanno dimostrato ieri al Borromeo 16 donne che hanno raccontato attraverso l’arte le loro cicatrici, rendendole visibili, "belle" nella loro imperfezione. L’occasione è stato “Frammenti di luce”, lo spettacolo che Cnao, San Matteo e Maugeri hanno dedicato alle pazienti oncologiche, in vista della Giornata dei diritti della donna. "Ho guardato la morte in faccia e oggi sento dentro di me una forte “urgenza di vivere” - ha detto Giorgia che ha ricevuto la diagnosi di tumore a poco più di 20 anni e da allora la sua vita si divide in “AC” e “DC” (avanti cancro e dopo cancro) - devo realizzare il mio sogno e laurearmi in Filosofia. Lotto ogni giorno per scindere me stessa dalla mia patologia, ma è grazie a “lei” se ho capito, prima di tanti coetanei, il senso profondo della vita e sono diventata più forte". Entusiasta del progetto e dello scambio con gli studenti dell’Accademia di Brera Monica, che è "grata" alla sua esperienza di paziente, che le ha permesso di tornare a dipingere: "É stato un percorso che ha curato l’anima oltre che il corpo. L’arte non mi ha mai fatta sentire sola. Anche con il tumore, dobbiamo continuare a essere “cacciatrici di orizzonti”".
Lorenza, invece, nel 2020 si è trovata ad affrontare lo stesso tumore che, pochi anni prima, le aveva portato via la mamma. "La paura era tantissima - ha raccontato -. Notti insonni, attacchi di panico. Eppure, nonostante tutto, la speranza e il desiderio fortissimo di veder crescere mio figlio mi hanno aiutata a superare questo periodo buio". Danza, musica, fotografia, scultura, costume e pittura, legati dal filo d’oro del Kintsugi, hanno condotto per mano lo spettatore in un viaggio di riparazione e rinascita. Hanno aperto le danze le ballerine della Scuola MC360 di Pavia interpretando il senso di prigionia legato all’attesa della diagnosi. "Il Kintsugi esprime l’estetica delle imperfezioni, della fragilità, dell’asimmetrico, del non finito", ha detto Claudia Augusta Botta, visual artist, e docente all’Accademia delle belle arti di Brera. "Ancora una volta, 3 realtà d’eccellenza confermano la loro capacità di fare rete e offrire una presa in carico multidisciplinare dei pazienti - ha commentato Ester Orlandi, direttore del dipartimento clinico del Cnao e ricercatrice dell’Università di Pavia -. Oltre alle migliori cure mediche, dobbiamo essere in grado di fornire ai pazienti strumenti utili a ricucire le lacerazioni emotive". "La malattia è un evento traumatico che può far perdere il senso della bellezza - ha sottolineato Chiara Cassani, ginecologo oncologo del San Matteo -. Attraverso l’arte, in tutte le sue forme, raccontiamo le esperienze di 16 donne che hanno affrontato la malattia, trasformando il loro vissuto in creatività e condivisione". "Le cicatrici sono segni sul nostro corpo che raccontano una storia; quest’anno vogliamo raccontare storie di guarigione, di speranza - ha aggiunto Laura Locati, direttore dell’Unità di oncologia medica di Maugeri Pavia -. Oggi le possibilità di guarigione sono aumentate ma non dobbiamo dimenticare le cicatrici che, a volte, rappresentano gli esiti delle cure".