Per le parti civili è omicidio volontario. Lo hanno ribadito ieri nell’udienza con le discussioni finali del processo che vede imputato Massimo Adriatici per la morte di Youns El Boussetaoui. "Il tipico esempio di omicidio volontario", l’esordio della conclusione dell’avvocato di parte civile Marco Romagnoli che, come la collega Debora Piazza, alla fine ha chiesto la riqualificazione dell’ipotesi di reato e la trasmissione degli atti alla Corte d’Assise di Pavia. "Indipendentemente dal momento dello sparo – ribadisce Romagnoli – chi era la vittima? Un soggetto definito piaga. Chi è l’imputato? Un ex poliziotto pluridecorato, assessore alla Sicurezza. Stava facendo una ronda. Si vede nelle immagini, non passeggia, perlustra".
Soffermandosi sul momento dello sparo, l’avvocato ricostruisce l’avvicinamento di Youns come una normale reazione all’essere fissato da uno sconosciuto. "Adriatici ha ammesso di aver estratto l’arma, senza sicura e con il colpo in canna, la esibisce e si sincera che Youns la veda, a scopo deterrente. Ma la mera esibizione di arma è reato di minaccia. Chi ha manifestato per primo la condotta di scontro è stato l’imputato". Debora Piazza, avvocato di parte civile che già conosceva Youns per averlo difeso in altri procedimenti, non è riuscita a trattenere la commozione mostrando prima una foto di Youns sorridente e poi quella sul tavolo autoptico.
"Hanno fatto l’autopsia senza avvisare nessuno – ha ribadito Piazza – anche se Youns era persona nota, ma non si sono ricordati che aveva parenti in Italia. Questo processo si ferma quando Adriatici estrae l’arma. Una chiara minaccia, aver sparato e ucciso Youns è omicidio".
S.Z.