STEFANO ZANETTE
Cronaca

Il “cicloviaggiatore“ Giro d’Europa a 76 anni "Mai così tanta ospitalità"

Diego Vallati rientrato in città dopo i quaranta giorni previsti. La prossima impresa? "Arrivare a Cabo de Roca, il punto più a ovest".

Il “cicloviaggiatore“ Giro d’Europa a 76 anni "Mai così tanta ospitalità"

di Stefano Zanette

"Un pellegrinaggio laico". Così Diego Vallati, 76enne cicloviaggiatore pavese, ha definito la sua ultima impresa, iniziata lo scorso 27 maggio dal Ponte Coperto di Pavia e portata a termine proprio nei 40 giorni programmati alla partenza. Ha pedalato per un totale di 3.250 chilometri, in un percorso ad anello con rientro sempre a Pavia, anche per non dover smontare e spedire la sua “Oly“, city-bike ormai un po’ vintage, ma che anche in quest’occasione non ha tradito il ciclista. "Cicloviaggiatore - precisa Vallati - e non cicloturista. I miei viaggi partono sempre da un’idea, questa volta è stata l’Europa, nell’idea federalista che mi rende fiero di essere un cittadino europeo, pur con le mie radici borghigiane".

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Dal suo Borgo Ticino, infatti, l’idea, realizzata, era quella di andare, in bicicletta in solitaria, nelle città simbolo dell’Unione Europea, da Strasburgo a Shengen, da Bruxelles e Maastricht. Non a caso, a salutarlo alla partenza c’erano anche rappresentanti pavesi del Movimento federalista europeo, con tanto di striscione e bandiere. "Non avevo però appuntamenti prefissati nei palazzi della politica - spiega Diego Vallati - anzi, quando sono arrivato a Strasburgo ho saputo che il Parlamento europeo quel giorno si era eccezionalmente riunito a Bruxelles, quando ero a Bruxelles si è invece riunito nella sua sede a Strasburgo. Ma va bene così". Nel viaggiare di Vallati, al di là delle sedi istituzionali, l’importante sono i luoghi e soprattutto le persone. "In questo viaggio - racconta il cicloviaggiatore - forse più che in altri precedenti, ho ricevuto molta ospitalità, in ben 14 tappe sulle 40, che sono più di un terzo".

L’ospitalità è quella cercata e trovata tramite la rete di accoglienza reciproca dei cicloturisti “Warm Showers“ (letteralmente “docce calde“). "Per risparmiare rispetto a una camera in ostello o dove non c’è in un albergo – ammette Vallati –, ma anche per entrare in contatto con le persone, che è una parte importante di tutti i viaggi. In questo viaggio ad esempio mi sono ritrovato con una coppia che io e Faliero Cani avevamo incontrato nel 2018, siamo rimasti in contatto e una sera ci siamo letteralmente incrociati, perché i nostri viaggi andavano nelle opposte direzioni. Volevamo andare al ristorante, ma il ragazzo dal quale ero ospite quella sera ha insistito per farci raggiungere a cena a casa sua. È stata forse la serata più bella dell’intero viaggio". Un viaggio dedicato, oltre che al nipotino Tommaso per augurargli un futuro da cittadino europeo, alla memoria dell’amico Faliero Cani, scomparso nel 2019, con il quale Vallati aveva raggiunto il delta del Danubio nell’unico viaggio non compiuto in solitaria. Sempre senza Gps ma alla ricerca del percorso migliore direttamente sulla strada, per evitare le più trafficate e usare soprattutto le ciclabili. "Come al solito ho certamente fatto parecchi chilometri in più, per tutte le volte che ho sbagliato e sono dovuto tornare indietro - racconta Vallati con sincerità - magari per la prossima volta entrerò nel 21esimo secolo e mi doterò di supporti tecnologici, con i quali però ho un po’ poca dimestichezza". C’è già un’idea per il prossimo viaggio? "Era l’idea di Faliero - risponde Vallati - quella di raggiungere Cabo de Roca, in Portogallo, il punto più a Ovest d’Europa. Nel 2005 ero andato a Capo Finisterre, in Spagna. Vedremo".