"Mi sono ammalato di Covid durante la prima ondata e sono stato ricoverato al San Matteo dove sono rimasto a lungo perché non mi sono negativizzato in fretta. Così ho avuto modo di conoscere bene il professor Raffaele Bruno del quale sono diventato amico". Il regista Gabriele Salvatores ha spiegato così la sua presenza come moderatore all’incontro “La complessità dei progressi della scienza medica: dalle scoperte alla cura” che si è tenuto ieri. L’appuntamento dedicato a un anno di San Matteo è stato pensato, come ha spiegato il direttore scientifico del Policlinico Vittorio Bellotti per "avvicinare il pubblico, anche il meno esperto, alla vita dell’ospedale e alle sue connessioni interne ed esterne". Difficile la situazione della medicina in Italia. "È importante mantenere le eccellenze - ha detto Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’istituto Humanitas e professore emerito di Patologia generale -. Purtroppo non riusciamo ad attrarre giovani dall’estero e neppure a trattenere gli italiani che preferiscono andare all’estero a lavorare". Chi rimane in Italia e in particolare al San Matteo, però, riesce a raggiungere dei piccoli grandi traguardi. In una notte sono stati eseguiti, contemporaneamente, due trapianti di polmone. Il primo ha riguardato un paziente con fibrosi polmonare terminale. Per consentire una corretta espansione polmonare, sono stati impiantati tre lobi polmonari su cinque. I polmoni provenivano da un donatore a cuore fermo e sono stati sottoposti a cinque ore di riperfusione artificiale per verificarne l’idoneità prima dell’impianto. Il secondo trapianto ha interessato un paziente già in lista per un trapianto cuore-polmone; ma il miglioramento della funzione cardiaca ha permesso di intervenire solo sui polmoni. Entrambi gli interventi sono stati eseguiti utilizzando la circolazione extracorporea Ecmo. La complessità degli interventi ha richiesto la collaborazione di tre équipe chirurgiche (cardiochirurgia, chirurgia toracica e terapia intensiva cardiopolmonare) che hanno lavorato ininterrottamente per oltre 22 ore, sostenute dall’instancabile contributo del personale infermieristico e del blocco operatorio cardio-toracico. Molti operatori hanno risposto alla chiamata al di fuori dell’orario di reperibilità, consentendo l’apertura simultanea di due sale operatorie.
"Questo doppio trapianto rappresenta un’evidenza dell’impegno continuo del San Matteo nel campo trapiantologico - ha commentato il coordinatore infermieristico della cardiochirurgia, Cristina Mangiarotti, che ha contribuito alla gestione organizzativa straordinaria del secondo intervento - ed è la testimonianza di quanto il lavoro collettivo, possa fare la differenza nella vita dei pazienti".