Borni( (Pavia), 27 ottobre 2014 - Il 6 marzo 1990 per i bronesi ci fu una sorpresa: una nevicata, tardiva, ma già verificatasi in passato, a fine inverno. Però molto diversa dalle precedenti: non era neve, ma amianto. Una coltre bianca, nella notte, aveva imbiancato un’area di 20mila metri quadrati attorno allo “stabilimento della morte” ( Fibronit, prima Cementifera), campi e scalo ferroviario compreso. E i treni che passavano veloci, per tutto il giorno hanno sollevato polvere d’amianto mentre uno dei proprietari dei terreni agricoli ricoperti, tre anni dopo moriva di mesotelioma pleurico. Il “fall out” provocato da una rottura di un grande tubo all’interno dello stabilimento viene ampiamente citato nella sentenza, di quasi 200 pagine, depositata nei giorni scorsi dal giudice Luisella Perulli e con la quale, con rito abbreviato, sono stati condannati a 4 anni di reclusione, due degli imputati, Claudio Del Pozzo e Giovanni Boccini. Per altri sei (un altro, 90enne, è stato giudicato incapace di sostenere il processo) il rito ordinario prevede un ulteriore slittamento, con udienza aggiornata al prossimo 23 febbraio, per completare le perizie richieste. Nelle motivazioni della prima sentenza emerge un mix di situazioni incredibili eppur drammatiche perché, sin qui, in termini puramente processuali, cioè interessati dai procedimenti in corso, si tratta di 377 morti, alcuni dei quali (pochissimi) non considerati legati all’amianto e quasi 200 ammalati, ma, come aggiornamento, all’epoca del processo, quindi, a luglio 2013. Una “strage” che, ora si dice, toccherà il picco nel 2020, risarcita, sin qui e in via provvisoria, con 10 o 20mila euro per ogni deceduto.
Come si è sempre pensato, nelle motivazioni della sentenza si legge che erano frequenti i casi di tubature che si rompevano, anche più volte nell’arco di una settimana con “fuoriuscita di notevoli quantità di amianto” e come, anche se il divieto assoluto, in Italia, scatta solo con una legge del 1992, fossero conosciuti, sin dagli anni ‘30 i rischi e le conseguenze provocate dal contatto con polvere di amianto. Non solo per chi era a contatto con questo materiale che a Broni viene introdotto nel 1932 nei cicli di produzione. Nel lungo elenco delle vittime di amianto a Broni, si contano casi di persone decedute anche a soli 37 anni, senza mai aver lavorato, neppure per un giorno a contatto con l’amianto. La sorella di un giovane, M.M., morto a soli 40 anni, ricorda che abitavano a soli 300 metri dallo stabilimento e c’era talmente polvere di amianto da essere stata costretta, più volte a far ripulire l’auto dal carrozziere. Un agricoltore di 55 anni, A.V., non è mai entrato nella Fibronit, ma dal 1980 al Duemila, senza conoscerne i rischi, ha coltivato un terreno adiacente alla fabbrica dell’amianto ed è morto di tumore polmonare.
di Pierangela Ravizza