MANUELA MARZIANI
Cronaca

L'ex prostituta anti racket suicida: "La morte di Adelina per noi è femminicidio"

Il collettivo "Non una di meno" vuole far diventare la 47enne, che si era ribellata ai suoi sfruttatori, un simbolo delle varie forme di oppressione sulle donne

Alma "Adelina" Sejdini

Pavia -  "La morte di Adelina non è un suicidio. Quello di Adelina è un femminicidio, un femminicidio a opera delle istituzioni che hanno spinto una donna in una spirale e poi giù da un cavalcavia". Il collettivo Non una di meno a due settimane dalla Giornata contro la violenza alle donne vuole far diventare la 47enne un simbolo delle varie forme di violenza subite. "Si legge sui giornali che si è tolta la vita una ex prostituta antiracket - ha aggiunto Rossella Cabras parlando a nome di tutto il gruppo -, ma noi sappiamo che Adelina aveva lottato, mettendo in gioco la sua stessa vita e venendo rinnegata dalla famiglia, contro la violenza maschile che la aveva schiavizzata".

Tutti i giornali e i siti italiani hanno raccontato la storia di Alma Sejdini come si chiamava all’anagrafe. E il tragico gesto di Adelina ha avuto un’eco anche nel suo Paese d’origine, l’Albania dove il sito d’informazione Ngjarjet e Ditës ha scritto: "Aveva chiesto da anni lo status di rifugiata in Italia, ma è sempre stata respinta. Lo Stato italiano le aveva promesso protezione affinché potesse denunciare i suoi sfruttatori, nonostante ciò, una protezione non l’ha mai avuta". Portata in Italia quando aveva 22 anni Adelina era stata picchiata e violentata, prima di far arrestare 40 persone e denunciarne altre 80, membri del racket albanese che controllava lo sfruttamento della prostituzione in tutta Italia negli anni 90. "In Albania sono una donna morta - aveva detto Adelina -. Ho paura di essere ammazzata da quelli che ho fatto arrestare".

A Pavia lottava contro il cancro "scontrandosi - aggiunge Non una di meno - con un sistema sanitario e assistenziale che nega alle donne malate cure e sostegno economico. Ma lottava anche per il riconoscimento di una cittadinanza che, dopo 23 anni in Italia e una storia di sfruttamento e lotta, doveva essere un diritto e non un favore di qualche funzionario". La nemica della donna era la burocrazia che, come sottolinea il collettivo "l’ha costretta a darsi fuoco sotto i palazzi del potere, per poi venire allontanata da Roma con un foglio di via emesso da quelle forze dell’ordine che invece lei continuava ad apprezzare".

Con quel foglio di via, che le ordinava di andarsene da Roma e di tornare a Pavia perché era nella Capitale per delinquere per recuperare i mezzi di sostentamento che non aveva, Adelina è caduta da un cavalcavia. "Sono tante le mani che l’hanno spinta giù - aggiunge Non una di meno -, le mani di un patriarcato che ha le sembianze di uno schiavista sfruttatore, di una funzionaria della questura, di un burocrate statale, di una violenza che è maschile, istituzionale, sistemica. Per Adelina e per tutte le vittime del sistema, saremo in piazza a Pavia il 25 novembre e a Roma il 27".