"Non voglio più essere albanese": l'ex prostituta anti racket si toglie la vita

Adelina Sejdini che denunciò gli sfruttatori e voleva essere apolide si è gettata da un cavalcavia. Pochi giorni fa per protesta tentò di darsi fuoco davanti al Viminale

Adelina Sejdini in ospedale dopo essersi data fuoco a Roma

Adelina Sejdini in ospedale dopo essersi data fuoco a Roma

Pavia, 8 novembre 2021 - Ha lottato fino alla fine per dire che lei quella cittadinanza albanese non la voleva e non la poteva avere poi, imbrigliata nella burocrazia, poi si è arresa. Adelina Sejdini, un'ex prostituta che aveva fatto arrestare i suoi sfruttatori (grazie alle sue rivelazioni sono state arrestate 40 persone e denunciate altre 80) e che viveva a Pavia, nei giorni scorsi era andata a Roma per protestare contro quel permesso di soggiorno rilasciato a Pavia dove non risultava apolide, ma cittadina albanese. Nel tentativo di attirare l'attenzione si è anche data fuoco davanti al Viminale. Soccorsa e trasportata all'ospedale Santo Spirito con gravi ustioni, dopo le dimissioni la donna di 47 anni ha provato ad andare a chiedere aiuto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Con un microfono in piazza ha raccontato del suo permesso di soggiorno, ma la polizia è intervenuta e ha allontanato Adelina facendole arrivare un provvedimento di allontanamento dal Comune di Roma e il divieto di farvi ritorno per un anno. Adelina ha ubbidito e, prima di rientrare a Pavia  sabato si è tolta la vita lanciandosi da un cavalcavia ferroviario nella capitale. Sul fatto sono in corso accertamenti da parte della Polizia Ferroviaria di Roma Termini.

Alma Sejdini, che tutti conoscevano come Adelina 112, era in cura al San Matteo per un cancro al seno e più volte aveva chiesto di poter ottenere la cittadinanza italiana. Dopo la cancellazione dello stato di apolide e l'assegnazione della cittadinanza albanese (il Paese dal quale proveniva), temeva che nella sua nuova condizione avrebbe incontrato enormi difficoltà a vedersi assegnata una casa popolare e che avrebbe dovuto ripercorrere tutto l'iter necessario per ottenere l'indennità di invalidità che le era indispensabile perché, invalida al 100 per cento non poteva trovarsi un'occupazione. 

Sperava che le massime istituzioni di quello che riteneva essere il suo Paese potessero aiutarla. Per questo in preda alla disperazione si era recata a Roma, nonostante le sue precarie condizioni di salute. Sperava di poter  incontrare il presidente Sergio Mattarella o almeno alcuni funzionari del ministero dell'Interno. Ma non ce l'ha fatta e ha messo fine alle sue traversie