MANUELA MARZIANI
Cronaca

Eitan riabbraccerà presto i compagni a Travacò

Il piccolo tornerà a vivere nel Pavese e a frequentare l’istituto delle Canossiane. La Corte israeliana ha rigettato il ricorso del nonno materno

Aya Biran, zia di Eitan

Pavia -  Tornerà a vivere nella villetta di Travacò e a frequentare i suoi compagni dell’istituto delle Canossiane il piccolo Eitan. Lo ha deciso la Corte Suprema israeliana rigettando il ricorso presentato dal nonno materno, Shmuel Peleg. Entro il 12 dicembre, l’unico superstite della tragedia del Mottarone dovrà rientrare in Italia, ma molto probabilmente lo farà anche prima per riportare alla sua quotidianità il piccolo e tutta la famiglia Biran Nirko corsa a Tel Aviv per stare accanto alla zia paterna e al bambino. Secondo la Cassazione israeliana il minore ha "vissuto in Italia quasi tutta la sua vita" e quindi non lo si può allontanare dalla "sua residenza abituale". Il giudice Alex Stein, ha ritenuto che il nonno "non abbia fornito una motivazione valida per cui il ritorno in Italia possa provocare al piccolo un danno psichico o fisico". Shmuel Peleg, indagato sia in Italia sia in Israele per sequestro di minore, quindi, l’11 settembre ha sottratto il nipotino e l’ha portato illegalmente a Tel Aviv violando la convenzione dell’Aja.

"Tolleranza zero verso i rapimenti e la necessità di una restituzione immediata" sottolinea la sentenza. Ma il pronunciamento del terzo grado di giudizio che avrebbe potuto sovvertire gli altri due, secondo i quali il bambino avrebbe dovuto tornare a vivere a Travacò Siccomario con la zia paterna Aya, si concentra sulla convenzione che si occupa degli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori. E rimanda alla giustizia italiana, nella quale dice di avere piena fiducia, le decisioni sull’affido di Eitan. Sia il ramo paterno della famiglia sia quello materno hanno inoltrato un’istanza per chiedere l’adozione del piccolo. I Peleg, dal canto loro, hanno anche contestato la tutela che i magistrati italiani hanno affidato alla zia Aya e quei ricorsi sono ancora in discussione nei tribunali di Milano e di Pavia in attesa di future decisioni.

"La sentenza della magistratura israeliana a favore del rientro in Italia di Eitan Biran è legalmente, moralmente e umanamente corretta - hanno commento i legali della zia paterna Aya Biran, Shmuel Moran e Avi Chimi -. E’ la fine di un episodio sfortunato, e per lo più dannoso e inutile per il piccolo Eitan". Molto duro, invece, il commento dei Peleg che avrebbero voluto Eitan in tribunale a raccontare dove preferirebbe stare: "Lo Stato d’Israele ha rinunciato a un bimbo ebreo indifeso e un cittadino israeliano senza che la sua voce venisse ascoltata, lasciandolo in terra straniera, lontano dalle sue radici, dalla sua amata famiglia e dal posto dove sono sepolti i suoi genitori e il fratello". "Continueremo a lottare con ogni modo legale per riportare Eitan in Israele – ha aggiunto l’avvocato dei Peleg Gadi Solomon – e impedire la rottura del legame con la famiglia della sua defunta madre Tal, impostagli da sua zia. Chiediamo alle autorità italiane di riesaminare il processo decisionale viziato, che ha costretto Eitan a essere nuovamente strappato alla sua famiglia".