
(Torres)
Pavia, 20 dicembre 2015 - Si sono ritrovati solo in due all’appuntamento, ieri mattina al cimitero. Anacleto Marini e Roberto Pisani hanno deposto con semplicità un mazzo di fiori sulla tomba di Gianni Brera. A 23 anni dalla morte (19 dicembre 1992), nella sua terra, alla quale era tanto legato, il ricordo del «Giuànn» rischia di essere legato, e relegato, a iniziative di singoli, senza che nessuna istituzione locale né se ne prenda carico né semplicemente partecipi. L’appuntamento di ieri mattina era stato forse nelle intenzioni malinterpretato: l’invito era infatti stato lanciato da Roberto Pisani come gruppo politico Identità Oltrepò, pur sottolineando il carattere apolitico e apartitico dell’iniziativa.
«Non c’è nessun tentativo di strumentalizzare il ricordo di Brera – sottolinea Anacleto Marini – anzi vorremmo solo riportare l’attenzione sulla sua figura, non solo professionale ma umana, in quello che era il suo legame con il territorio. Basta leggere i suoi scritti per rendersene conto. Purtroppo invece proprio qui, nel suo paese, il suo ricordo sembra lontano». Ci sono i cartelli stradali, uno proprio di fronte al cimitero dov’è sepolto, che ricordano «La pianariva natia di Gianni Brera 1919-1992». Sul sito internet del Comune viene ricordato tra i «personaggi illustri». «Nel decennale della scomparsa – ricorda Gianni Zerbi, organizzatore della tradizionale «paciada breriana» (quest’anno per la prima volta organizzata nella tenuta privata di Angelo Roveda e non più alla Pro Loco di Spessa Po, forzatamente chiusa) – quando era sindaco di San Zenone Carlo Bonora, con lui avevamo organizzato un concorso giornalistico, con evento conclusivo al Circolo della Stampa di Milano. E’ stata l’ultima volta che il Comune ha fatto qualcosa». «Noi è da cinque anni – conclude Roberto Pisani – che nella domenica più vicina all’anniversario della morte veniamo qui al cimitero a portare un mazzo di fiori. Ci piacerebbe che il suo ricordo fosse più vivo, oltre che più partecipato, ma in questo periodo sembra che tutti abbiano sempre altro di meglio da fare».
di STEFANO ZANETTI
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