"Eitan deve tornare in Italia". Respinto il ricorso del nonno

Decisione-lampo della Corte distrettuale: confermata la decisione del giudice del Tribunale della Famiglia

Eitan con il nonno materno Shmuel Peleg  (Ansa)

Eitan con il nonno materno Shmuel Peleg (Ansa)

Pavia -  Discusso ieri e subito respinto a Tel Aviv il ricorso presentato da Shmuel Peleg, il nonno materno di Eitan, contro la prima decisione della corte che affidava alla zia paterna la tutela dell’unico superstite della tragedia del Mottarone. «Eitan – si legge nella sentenza, diffusa dai legali della zia Aya Biran – è stato rapito dall’Italia verso Israele e deve ritornare al suo abituale luogo di residenza in Italia».

Il pronunciamento della Corte distrettuale è arrivato a poche ore dall’udienza in cui i tre giudici hanno esaminato l’impianto del ricorrente contro la decisione del magistrato Iris Ilotovich Segal del tribunale della famiglia secondo cui, in base alla Convenzione dell’Aja, Eitan è stato portato illegalmente in Israele dal nonno Peleg e deve tornare in Italia. In aula ieri mattina si sono presentati la zia paterna e tutrice del piccolo Aya Biran e Shmuel Peleg, contro il quale mercoledì è stato spiccato un mandato di cattura internazionale dalla procura di Pavia per il rapimento del minore. Per la prima volta ha presenziato all’udienza come uditrice anche la nonna materna Esther Cohen che in primo grado non era stata ammessa facendola infuriare e il console italiano a Tel Aviv, Emanuele Oldani. La strategia dei legali di Peleg si era basata su due punti: la residenza di Eitan e il suo bene.

«Finora nessun esperto ha esaminato il bambino», aveva commentato il legale dei nonni Ronen Dlayahu chiedendo che uno psicologo valuti le condizioni di Eitan. «Il ritorno in Italia - aveva aggiunto Dlayahu - potrebbe provocare in lui un danno superiore al vantaggio». «Shmuel Peleg ha commesso un reato - aveva replicato l’avvocato Avi Himi che assiste i Biran -. Speriamo che Eitan possa tornare. al più presto a casa sua e alla sua routine in Italia».

L’udienza di ieri riguardava soltanto le questioni civili nell’ambito della Convenzione dell’Aja, non il mandato di arresto nei confronti di Shmuel Peleg. «Il mandato - ha sottolineato il portavoce dei Peleg Gadi Solomon non è arrivato né in Israele né agli avvocati di parte in Italia: lo abbiamo appreso solo dai media». E proprio i mezzi d’informazione israeliani sostengono che il provvedimento volesse soltanto esercitare una pressione psicologica sui giudici per far tornare Eitan quanto prima in Italia. Dopo la conferma da parte della Corte del primo giudizio, se i legali dei Peleg ricorreranno alla Corte Suprema il procedimento potrebbe proseguire ancora per un mese. Nel frattempo, il piccolo dovrà rimanere in “vacanza“ Israele, lontano dalla sua routine italiana.