Morti per amianto alla Fibronit Broni, manager assolti: "Non c’è prova della loro colpa"

Pavia, le motivazioni della sentenza: nessuna certezza che quelle fibre abbiano accelerato la malattia

Da sinistra gli imputati Michele Cardinale, 75 anni, e Lorenzo Mo, 71

Da sinistra gli imputati Michele Cardinale, 75 anni, e Lorenzo Mo, 71

Pavia - ​Non si può dire con certezza che i tumori legati all’amianto si siano innescati quando i due imputati ricoprivano posizioni di garanzia, né che le condotte omissive che sono state loro contestate abbiano potuto fungere da accelerante. In sintesi sono queste le motivazioni della Corte alle sentenze d’Appello bis con cui sono stati assolti gli ex manager della Fibronit di Broni Michele Cardinale, 75 anni, e Lorenzo Mo, 71, che erano accusati di omicidio colposo per i morti d’amianto in relazione all’attività della fabbrica di Broni, che produceva manufatti in asbesto. Cardinale e Mo avevano ricoperto posizioni di garanzia nella fabbrica all’incirca dal 1981 al 1985. Erano gli ultimi due ex dirigenti ancora processo: nel 2012, gli imputati erano dieci, nel corso degli anni tre sono stati assolti e altri cinque sono deceduti o dichiarati incapaci di attendere al procedimento. Si legge nelle carte che l’assoluzione è stata formulata "perché il fatto non sussiste", spiega la Corte, "difettando la prova dell’incidenza causale di una eventuale condotta omissiva degli imputati nel determinismo della morte delle vittime per mesotelioma pleurico".

Il secondo processo d’Appello era stato avviato dopo che nel 2020 la Cassazione aveva annullato con rinvio la prima sentenza d’Appello chiedendo approfondimenti. Così erano state chieste nuove perizie tecniche per capire se "l’inalazione di fibre anche nel periodo di responsabilità degli imputati…abbia avuto un effetto causale sul decorso della malattia", un effetto "acceleratore" quindi, in quanto "è evidente che in ragione dei tempi di latenza del mesotelioma, stimati in 30-40 anni, la condotta degli imputati non possa essere stata temporalmente causa dell’insorgenza del processo di modifica cellulare". Rileva la Corte che "nel caso del mesotelioma non vi è attualmente un meccanismo biologico definito dalla letteratura scientifica che possa essere assunto alla base di un eventuale effetto acceleratore/anticipatore dell’amianto". L’avvocato Paolo Zambianchi che ha assistito Mo, ha commentato: "Siamo soddisfatti. Il fatto è doloroso e ha visto coinvolte tantissime persone, ma un conto è la partecipazione umana agli eventi e l’altro è l’accertamento delle responsabilità penali individuali".