Arrestata Carmela Calabrese: convocò una riunione di famiglia per pianificare l'omicidio

Con la donna arrestato anche il marito Antonio Rondinelli. Sono genitori e suoceri dei primi tre uomini coinvolti nell’omicidio di Mansour, l'ex genero percepito come un fastidio

Il ritrovamento del cadavere carbonizzato di Mohamed Ibrahim Mansour

Il ritrovamento del cadavere carbonizzato di Mohamed Ibrahim Mansour

Cilavegna (Pavia) - Ha chiamato a raccolta "gli uomini di casa" poco prima che partisse la spedizione punitiva che è costata la vita a Mohamed Ibrahim Mansour, 43 anni, egiziano anagraficamente residente a Cilavegna, che dalla più piccole delle sue figlie quattro anni fa, quando lei era ancora minorenne, aveva avuto una bimba e che ora forse rivoleva con sé. Ieri mattina i carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Pavia, guidati dal capitano Marco Quacquarelli, hanno tratto in arresto Carmela Calabrese, 56 anni, finita agli arresti domiciliari. Le manette sono scattate anche per il marito Antonio Rondinelli, 60 anni, ora in carcere. Per entrambi l’accusa è di omicidio in concorso. I loro arresti seguono quelli dei figli Massimo e Claudio, 34 e 39 anni, avvenuti lo scorso 21 febbraio insieme a quello di Luigi D’Alessandro, 37 anni, compagno della figlia maggiore.

Il contesto dell'omicidio

Arrivano, attese, le novità sull’efferato omicidio del giovane egiziano, ucciso a colpi di fucile e di pistola, poi trasportato nelle campagne tra Gambolò e Vigevano, all’altezza della frazione Morsella di Vigevano, sistemato a bordo della sua Audi A3 poi data alle fiamme. Una zona probabilmente non scelta a caso: quella è infatti una delle aree più “calde” dello spaccio di quel territorio e forse proprio al mondo della droga voleva essere collegato l’omicidio per sviare gli investigatori. Si delineano dunque i confini del contesto familiare nel quale è maturato l’omicidio. Mansour, che rivendicava il suo diritto di padre, è stato attirato in un vero e proprio agguato avvenuto nel casolare di Cassolnovo la notte tra l’11 ed il 12 gennaio. Dalle risultanze delle indagini è emerso che l’esecuzione materiale del delitto non sarebbe da attribuire solo ai fratelli Rondinelli ma anche al padre: Mohamed Ibrahim Mansour è stato attirato all’esterno dell’immobile dove tre soggetti erano pronti a fare fuoco contro di lui. La perizia necroscopica sui poveri resti ha confermato che l’extracomunitario è stato raggiunto anche al volto. Secondo i carabinieri il ruolo di D’Alessandro sarebbe stato invece quello di dare supporto logistico per l’agguato.

Telefoni che scottano

Alla conclusione gli investigatori sono arrivati grazie a una complessa analisi di dati del traffico telefonico dei soggetti coinvolti e ai rilievi effettuati a Cassolnovo anche con l’ausilio di cani molecolari e grazie alle intercettazioni telefoniche che hanno permesso di isolare degli scambi dal contenuto inequivocabile intervenuti tra i soggetti coinvolti. Insomma Mohamed Ibrahim Mansour era diventato una presenza fastidiosa, così ingombrante da decidere di eliminarla in modo decisamente cruento.

Il pomeriggio dell’11 gennaio era avvenuta l’ennesima lite dopo la quale Carmela Calabrese, tra le 19.30 e le 20.15 avrebbe convocato tutti i familiari, dando così avvio ai fatti che hanno condotto all’omicidio. Nella vicenda sarebbe coinvolta anche la sorella maggiore dei Rondinelli, Elisa.

Intanto mercoledì nella casa di Cassolnovo è stato effettuato un sopralluogo dei carabinieri del Ris di Parma che hanno effettuato una serie di accertamento tecnici irripetibili. Intanto spunta una seconda auto, una Mercedes, in uso a Claudio Rondinelli, pur non risultando intestata a lui, analizzata dai militari del Ris in una carrozzeria di Garlasco, che si ipotizza possa essere stata utilizzata per le fasi immediatamente successive all’omicidio e che potrebbe celare, se l’ipotesi si dovesse rivelare fondata, tracce di sangue o polvere da sparo.