Vivacqua, assoluzione definitiva

Dopo 6 anni di processi la parola fine sui presunti mandante e intermediario dell’omicidio avvenuto nel 2011

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di Stefania Totaro

A dieci anni e mezzo dal fatto e dopo sei anni di processi, diventa definitiva la sentenza di assoluzione per i presunti mandante e intermediario dell’omicidio di Paolo Vivacqua. La Corte di Cassazione ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale di Milano, che aveva voluto far scattare il settimo giudizio sulla vicenda, il terzo davanti ai giudici supremi. Il "Berlusconi di Ravanusa", rotamat siciliano trapiantato in Brianza, fu ammazzato il 14 novembre 2011 con 7 colpi di pistola nel suo ufficio di Desio.

La storia infinita di questa vicenda giudiziaria ha avuto inizio il 2 dicembre 2015 con la sentenza della Corte di Assise di Monza che ha condannato a 23 anni di reclusione Diego Barba (imputato come mandante dell’assassinio insieme alla moglie della vittima Germania Biondo, già assolta ormai definitivamente). e Savino La Rocca, ritenuto intermediario tra il mandante e gli esecutori materiali del delitto, Antonino Giarrana e Antonino Radaelli, condannati all’ergastolo dai giudici monzesi e già in carcere per il successivo omicidio della consuocera di Vivacqua, Franca Lojacono, accoltellata alla gola in auto nel box della sua abitazione per farsi dire dove Vivacqua teneva una grossa somma in contanti.

Per due volte già la Cassazione aveva rimandato indietro gli atti processuali che avevano confermato le condanne di primo grado per approfondire la vicenda identificando un movente che stesse in piedi tra quello della moglie lasciata per una donna più giovane e rimasta senza soldi, finita per legarsi ad un nemico di Vivacqua per vecchi dissapori con il comune intento di eliminarlo e quello della ricerca del borsone con i 5 milioni di euro ricavati dalla vendita di alcuni terreni ritenuta frutto di corruzione di pubblici ufficiali. Finchè la Corte di Assise di Appello ter ha deciso di assolvere Barba e La Rocca e di togliere l’aggravante della premeditazione per Giarrana e Radaelli facendo scendere la pena a 25 anni, che ora è ancora scesa di un anno diventando a 24 anni di reclusione. Intanto Diego Barba e Salvino La Rocca sono stati scarcerati e, ora che questa storia infinita pare abbia avuto per loro un felice epilogo, potrebbero chiedere un risarcimento dei danni da ingiusta detenzione.

A permettere il ritorno in libertà dei due imputati nel 2019 una norma del codice di procedura penale fatta valere dall’avvocata Manuela Cacciuttolo, difensore di Diego Barba, sulla durata massima della custodia cautelare secondo cui non può superare 3 anni il termine quando la Corte di Cassazione annulla la sentenza della Corte di Appello rinviando il processo ad un altro collegio.