Vittoria Belvedere: ora mi racconto

Intervista all'attrice e modella cresciuta in Brianza, dagli esordi ai musical

Vittoria Belvedere

Vittoria Belvedere

Vimercate, 1 maggio 2016 - Arrivata a Vimercate a pochi mesi di vita, in Brianza ci è cresciuta e ha ancora i suoi affetti, la mamma, il papà, alcuni dei parenti più stretti. Qui ha conosciuto agli anni felici dell’infanzia e della prima giovinezza, ha scoperto la bellezza delicata e magnetica che avrebbe indirizzato la sua vita, ma anche il razzismo di una terra che spesso rifiutava chi veniva dal Sud. Oggi Vittoria Belvedere è una donna affermata. Ha sfondato nel mondo dello spettacolo e, con una carriera che sembra quasi disegnata all’incontrario, è diventata un volto noto prima del mondo della moda. Poi del cinema, della televisione (da un Festival di Sanremo al fianco di Pippo Baudo alle fiction) e ora del teatro, come testimoniano le fortunate tournée degli ultimi due musical diretti da Massimo Romeo Piparo (lo stesso di Jesus Christ Superstar)che l’hanno vista protagonista: My Fair Lady e Tutti insieme appassionatamente.

Umili origini? "Proprio così. Quando avevo solo 9 mesi i miei genitori emigrarono dalla Calabria, da Vibo Valentia dove sono nata (17 gennaio 1972, ndr), per cercare fortuna e una vita migliore".

Cosa facevano i suoi genitori? "Mio padre era muratore. E a Vimercate, assieme a un amico, mise in piedi una piccola impresa edile. Mia madre invece faceva le pulizie in ospedale. Mio fratello nacque due anni dopo di me e...".

E? "Me ne occupavo personalmente già da piccola. Non c’era tanto spazio per i fronzoli. Mio padre mi svegliava al mattino presto prima di andare al lavoro e a me toccava sistemare casa e prendermi cura del mio fratellino. Poi salivo sul bus e andavo a scuola. Mia madre sarebbe tornata a casa alle tre del pomeriggio, mio padre invece rincasava a sera dopo una giornata in cantiere. Quando tornavo da scuola, trovavo le chiavi sotto lo zerbino".

Duro l’impatto con la Brianza, per una famiglia di emigranti come la vostra? "Mi reputo fortunata ma ammetto che, col senno di poi, fu faticoso. Noi eravamo i “terroni”. E ce lo facevano pesare. Vivevamo in una normalissima palazzina, ma rammento le discussioni nei confronti di noi che venivamo dal Sud".

La Calabria ha una brutta nomea, terra di ‘ndrangheta... "All’epoca non si avvertiva più di tanto. La mia era una famiglia di origini contadine per parte di padre, mentre da mia madre lavoravano in una fabbrica di cemento. Non mi lasciavo però toccare troppo dai pregiudizi: un po’ forse – essendo piccola - non me ne rendevo conto, anche se quando mi soffermo a pensarci mi accorgo che a tratti fu abbastanza pesante; un po’, ho imparato subito a lasciarmi scivolare addosso le polemiche, il mio motto è sempre stato: “vivi e lascia vivere”...".

Scuole? "Dopo elementari e medie in paese, alle superiori decisi di dar seguito alle mie aspirazioni artistiche".

Quali? "Andai a Milano a studiare da stilista: mi sarebbe piaciuto disegnare e creare vestiti...".

E invece? "Avvicinandomi al mondo della moda, da cui ero molto attratta, mi capitò di entrare in un’agenzia, dove fui subito presa per dei servizi di moda".

La sua bellezza... "(sorride)...sì. Ero abbastanza carina. Però - alta 1.73 - mi mancavano un paio di centimetri per poter sfilare e così cominciai a posare per i cataloghi".

E iniziò a guadagnare i primi “soldini”... "Proprio così. Poi andai a Roma dove conobbi la mia agente, Paola Petri, moglie del regista Elio Petri, che mi convinse a fare cinema. All’inizio ero un po’ titubante, perché non mi interessava troppo quel mondo, ma iniziai lo stesso per gioco. Mi rimboccai le maniche, studiavo i copioni per ore e i risultati arrivarono: sfondai in televisione con la serie Piazza di Spagna, dove recitavo a fianco di grandi attori (da Ethan Wayne a Enrico Maria Salerno, ndr)".

Era pronta a lasciare la Lombardia. "E mi sono trasferita a Roma, dove ho conosciuto l’uomo con cui vivo da 17 anni e con cui ho avuto tre figli".

Non una cosa usuale, nel mondo dello spettacolo soprattutto... Quanto è contata l’educazione di famiglia? "Molto, la mia famiglia è sempre stata molto tradizionale".

E la religione? "Sono credente e mio marito altrettanto: non andiamo in chiesa tutte le domeniche, ma se siamo ancora assieme dopo tutto questo tempo è anche per questo. Un bene per i nostri figli: oggi i genitori separati sono quasi di più ormai degli altri. E i nostri figli, non per caso, vanno in scuole cattoliche...".

Moda, cinema, musica, Tv, teatro... ha attraversato tutto il mondo dello spettacolo. "Mi è servito per maturare e crescere: se tornassi indietro mi impegnerei forse più nella recitazione sin da subito. Ci sono arrivata invece in tarda età".

“Tarda età”? "Da ragazza ho iniziato dalla moda, mentre tanti miei colleghi di adesso hanno iniziato dal teatro e sono poi approdati a cinema o fiction. Io invece mi sono trovata a fare il percorso inverso. Ho sempre creduto però che per stare su un palcoscenico, bisognava essere davvero bravi".

Mondi luccicanti, ma anche pieni di buche in cui inciampare... "Tentazioni e pericoli esistono dappertutto e dipendono spesso da chi e cosa cerchi, da come ti proponi... nella mia carriera, nessuno mi ha mai proposto droga o cose strane e sono convinta che certa gente, quando ti chiede determinate cose, lo fa perché sei propensa: a me invece mai, mai e poi mai nessuno ha offerto nulla del genere!".

Proposte indecenti? "È capitato che mi arrivassero certe proposte per avere scorciatoie, soprattutto nei primi anni della mia carriera. Per fortuna però avere una famiglia molto presente e con sani principi mi ha aiutata".

Lei ha tre figli (Lorenzo, 15 anni; Emma 11; Niccolò 6): cosa direbbe se volessero entrare nel mondo dello spettacolo? "Oggi è diventato tutto più difficile in questo mondo, è tutto un po’ decaduto: non c’è né arte né parte, ci sono strade più veloci, con i social e i reality dove apparentemente fai presto ad avere fortuna ma che bruciano tutto molto in fretta. La gavetta che ho fatto io non c’è più e ci sono troppi ragazzi che magari hanno successo e gloria per uno o due anni, pensano che sia tutto oro quello che luccica e restano traumatizzati quando invece tutto irrimediabilmente finisce. Insomma, mi spaventerebbe molto entrare in questo mondo al giorno d’oggi”.

Cos’è la bellezza? "A 44 anni ho capito che non è solo un fatto estetico, prima magari lo era ed era fondamentale soprattutto per lavorare in un mondo come quello della moda. E, anche se un po’ meno, in quello del cinema... anche se poi ti trovavi a lottare contro i pregiudizi...".

In che senso? "Ti sentivi dire spesso frasi come: “Certo, è bella, ma non sa recitare”, e la bellezza si trasformava quasi in un handicap. Riuscire a farmi accettare è stata la sfida più difficile e oggi ho capito che la bellezza è soprattutto qualcosa che uno si porta dentro, mentre il resto tante volte... è solo un optional".

Qual è la felicità per l’attrice Vittoria Belvedere? "Arrivare alla fine degli spettacoli e sentire la gente che ti applaude. Recitare a teatro e in una tournée è bellissimo e molto impegnativo: se hai un bagaglio, ti dà soddisfazione; altrimenti sei senza rete".

Oggi si sta cimentando in un genere difficile come il musical, dove si recita, si canta, si balla... tutte le sere. Non le viene mai un po’ di strizza? "(ride) È teatro vero, certo che sì... ma tutte le sere prendo qualche goccia di fiori di Bach e dopo cinque minuti che mi sono coricata sto già dormendo. E quando mi sveglio sono pronta per un’altra sfida... Forse bisogna essere un po’ incoscienti per fare una carriera un po’ all’incontrario come la mia, e in tarda età (ride) ce ne vuole anche un pizzico di più".

Torna ancora a casa? "In Calabria molto meno, di più in Brianza, dove vivono ancora genitori, zii e amiche di un tempo... anche se la mia vita ormai è a Roma".