
di Barbara Apicella
Il telefono non ha mai smesso di squillare. Le richieste di aiuto sono continuate e, quando anche lo sportello di via Mentana 43 ha riaperto i battenti, le volontarie si sono trovate di fronte anche donne over 70 (persino una 82enne) che denunciavano violenze domestiche.
Una violenza vissuta dalle donne che nel 2020 si sono rivolte al Cadom (Centro aiuto donne maltrattate): donne prese di mira dagli insulti e dalle denigrazioni di figli ritornati a casa a causa della pandemia; ma anche mogli (molte volte sposate da oltre trent’anni) che con difficoltà sono riuscite a condividere con il marito gli spazi domestici. A parlare è Anna Levrero, presidente del Cadom di Monza. "Proprio in queste settimane stiamo raccogliendo i dati del 2020. Ci siamo trovati di fronte a casi in linea con quelli dell’anno precedente per quanto riguarda i numeri, ma le problematiche da affrontare erano ben più complicate". Nel 2019 sono state 231 le donne accolte dal Cadom (164 italiane, 67 straniere). Donne piegate da difficoltà di convivenza, la maggior parte vittime di violenza economica e psicologica.
"Anche i recenti dati sulla disoccupazione hanno mostrato che nel 2020 a perdere il posto di lavoro sono state soprattutto le donne, per lo più con contratti a termine, ma anche lavori in nero, nel settore dei servizi, dell’assistenza e della ristorazione". Aguzzini e vittime sono ben lontani da certi stereotipi. "Il maltrattamento è democratico: per due terzi le donne che chiedono aiuto sono italiane, le restanti straniere. L’età media va dai 30 ai 45 anni, ma ci sono stati casi anche di donne ben più giovani e di signore over 70". Levrero fa emergere il dramma della violenza sulle donne anziane, un fenomeno che durante la pandemia è scoppiato anche nel nostro territorio. "Sono tanti i figli che a causa dell’emergenza sanitaria, ma anche di separazioni o divorzi, sono tornati a vivere con i genitori recriminando vitto, alloggio e qualche soldo anche in modi violenti". Figli che con le parole feriscono la madre (ma anche il padre) creando un rete continua di violenza psicologica, pur presentandosi all’apparenza come ragazzi modello, senza problemi di dipendenza.
Il team ha dovuto fare i conti con le casse sempre più vuote: non ricevendo più sovvenzioni dalla Regione, il Cadom vive solo grazie alle donazioni dei privati, che nel 2020 sono diminuite sensibilmente. Ma le volontarie hanno promosso un’originale raccolta fondi. La realizzazione di quadrati di lana che poi verranno cuciti come coperte: si potranno ritirare con un’offerta libera.