Monza, studentesse violentate allo stage: chiesti 9 anni e mezzo

Alle ragazze provvisionale dai 10 ai 25mila euro, alla Regione parte civile 150mila euro di risarcimento danni

Violenza sulle donne (archivio)

Violenza sulle donne (archivio)

Monza, 20 giugno 2018 - Nove anni e mezzo di reclusione chiesti come condanna dalla pubblica accusa. E la Regione Lombardia presenta all’imputato il conto di quasi 150mila euro di risarcimenti da devolvere a centri contro la violenza allle donne e per un bando di concorso per mettere regole più ferree e maggiori controlli per gli stages lavorativi obbligatori nelle scuole.

Ieri è giunto alla discussione il processo al Tribunale di Monza (che si sta celebrando a porte chiuse per la delicatezza della vicenda) che vede Massimo C., 55 anni, titolare di due centri estetici a Pessano con Bornago e Cavenago, accusato di avere abusato sessualmente di almeno 4 alunne tra i 15 e i 17 anni di due scuole professionali brianzole durante gli stages lavorativi. L’imprenditore, ancora detenuto in carcere, è imputato di violenza sessuale aggravata e, dopo che la pm della Procura di Monza Michela Versini ha chiesto per lui il giudizio immediato, ha deciso di non presentare richiesta di riti alternativi come il patteggiamento o il processo con il rito abbreviato, ma di affrontare il dibattimento davanti al collegio di giudici monzesi. Al termine della requisitoria la pm ha chiesto per Massimo C. la condanna a 9 anni e 6 mesi di reclusione. I difensori delle ragazze parti civili al processo hanno chiesto provvisionali sui risarcimenti dei danni da 10 mila a 25 mila euro e anche le scuole hanno chiesto di venire risarcite per il danno all’immagine con 10 e 15 mila euro.

Al processo si è costituita parte civile anche la Regione Lombardia perchè la vicenda aveva acceso un faro sul sistema degli stages lavorativi obbligatori per gli studenti da cui dipende l’esito dell’anno scolastico, per la presunta assenza di controlli sull’idoneità del ‘praticantato’ svolto dagli alunni, costretti a volte a doversi fare carico di trovare un posto dove fare lo stage, che poi viene comunicato alla scuola. È quanto perlomeno sarebbe accaduto alle quattro ragazze al centro dell’inchiesta della Procura monzese. Giovanissime tra i 15 e i 17 anni che avrebbero anche faticato parecchio per trovare in zona un centro estetico il cui titolare fosse disposto ad accettarle per lo stage. «Metti la mano qui cara, fammi vedere come sei brava a fare un massaggio speciale... se sarai carina, ci penso io al tuo futuro, ti faccio promuovere e magari ti trovo un impiego in uno dei miei centri», avrebbe detto alle stagiste l’imprenditore 54enne. Solo una  avrebbe subito risposto picche alle presunte avance, presentando denuncia ai poliziotti monzesi. Altre avrebbero espresso il timore di essere bocciate. Un’altra sarebbe stata invece addirittura assunta nel centro estetico dopo lo stage. Per questo motivo la Regione Lombardia ha chiesto che l’imputato paghi 100mila euro per il danno all’immagine e 46mila euro pagati dall’Ente alle due scuole professionali per permettere alle studentesse di partecipare allo stage lavorativo. Soldi che poi verranno devoluti in parte a centri contro la violenza sulle donne. Ma soprattutto per rimettere mano con un apposito bando di concorso al sistema degli stage obbligatori, con un protocollo di regole più stringenti e di accorgimenti a cui i tutors che traghettano gli studenti in questa esperienze di alternanza scuola lavoro dovranno attenersi perchè non accadano episodi di abusi di qualsiasi genere ai danni degli alunni.

Dal canto suo Massimo C., arrestato lo scorso luglio dagli uomini del Commissariato di polizia di Stato di Monza, nega decisamente le accuse. L’imputato sostiene che non faceva lui da tutor alle stagiste nei suoi centri estetici, ma le direttrici dei centri da lui nominate come responsabili. E se è capitato qualche volta che anche lui si offrisse da ‘cavia’ facendosi massaggiare dalle studentesse, le tutor erano sempre presenti. Come ha confermato una delle direttrici sentita come testimone secondo cui la tutor era sempre con la stagista quindi non ci sarebbe stato il tempo materiale di commettere abusi. L’11 luglio la sentenza.