Vimercate, processo Malaspina: "Assolvetelo e restituitegli patrimonio e onore"

Alessandro Marolda, il difensore dell'imprenditore: "Reati tributari e bancarotta? I testimoni hanno invece confermato la realtà e l’onestà delle operazioni rese necessarie dalla crisi economica del settore immobiliare"

Giuseppe Malaspina

Giuseppe Malaspina

Vimercate (Monza) -  «Giuseppe Malaspina è vittima di un pregiudizio personale. Si è tentato di farlo passare come un imprenditore improvvisato, un produttore di carta straccia, come se tutto quello che ha costruito non esistesse. Quello che invece ha fatto emergere il dibattimento è assolutamente il contrario e mi auguro che i giudici gli restituiscano non solo il patrimonio che gli è stato sequestrato, ma anche il suo onore". A parlare l’avvocato Alessandro Marolda, che difende il costruttore vimercatese al processo al Tribunale di Monza per associazione a delinquere finalizzata a reati tributari e bancarotta fraudolenta che vede al centro proprio Giuseppe Malaspina, accusato di essersi fatto aiutare da una ‘corte dei miracoli’ di professionisti nel tentativo di salvare il suo impero immobiliare milionario dal fallimento. Per Malaspina i pm monzesi Salvatore Bellomo e Giulia Rizzo hanno chiesto la condanna a 14 anni di reclusione.

Una decina le società fallite che si sono costituite parti civili al processo e che complessivamente hanno chiesto oltre 200 milioni di euro di risarcimento dei danni con provvisionale immediatamente esecutiva di 100 milioni di euro. La difesa di Giuseppe Malaspina ne chiede invece l’assoluzione con formula piena per questa vicenda "lunga e complessa, che va avanti da 4 anni e con almeno 30 udienze di dibattimento e anche qualche momento di tensione, per dimostrare l’estraneità di Giuseppe Malaspina dalle accuse contestate – ha esordito l’avvocato Marolda – Una sequela impressionante di imputazioni tra tributarie e fallimentari, ma in aula i testimoni hanno confermato la realtà e onestà delle operazioni, rese necessarie dall’ambito di crisi economica del settore immobiliare, evidenze che non si possono ignorare".

Come in relazione all’accusa di associazione per delinquere, "finalizzata secondo l’accusa a scappare con la cassa lasciando le aziende senza dipendenti, ma il fine ultimo non era distrarre il patrimonio per salvare il salvabile. Tutt’altro. Nonostante il periodo di radicale crisi mondiale del 2014 che ha paralizzato il mercato immobiliare, Malaspina ha fatto il possibile per mantenere in vita le aziende e il valore degli assets, ma non mosso da avidità per sottrarre il patrimonio alle società per proprio tornaconto come la figura distorta che vogliono fare credere, ma mettendoci liquidità di tasca propria, si parla di una ventina di milioni di euro in tempi non sospetti".

Poi, con l’avanzare della crisi, Malaspina "si è rivolto a dei professionisti per chiedere consigli e loro l’hanno consigliato nel modo migliore per non fare morire le società: trattare con le banche, che dopo 3 anni però se ne sono andate e gli hanno voltato le spalle. Le banche fino al 2007 - 2008 facevano la fila per finanziare Malaspina con affidamenti quasi a scatola chiusa ma poi, di punto in bianco, alla prima criticità, hanno chiesto il rientro immediato dell’esposizione finanziaria".

Quindici gli imputati a vario titolo per cui la Procura di Monza ha chiesto altre 12 condanne e 2 assoluzioni: 7 anni di reclusione per l’avvocata Fabiola Sclapari, 6 anni per i commercialisti Antonio Ricchiuto (genero dell’ex giudice e ora avvocato Gerardo Perillo, per cui è stata chiesta la condanna a 5 anni e 4 mesi) e Salvatore Tamborino e altre pene fino ad un minimo di 1 anno di reclusione.

Le pene minori chieste per l’accusa di false fatturazioni, una contestazione errata per i difensori di quegli imputati in quanto ritenute false "ma non è mai stato ritenuto necessario dagli inquirenti verificare se i lavori fossero stati invece effettivamente svolti" nei cantieri edili del costruttore. Si torna in aula a novembre con le ultime arringhe della difesa.