Vimercate, morta dopo trasfusione di sangue: "In Ortopedia senza braccialetto"

Malati preoccupati, l’ospedale: il dispositivo non avrebbe salvato Angela

L'esterno dell'ospedale di Vimercate (Raedelli)

L'esterno dell'ospedale di Vimercate (Raedelli)

Monza, 19 settembre 2019 - L'ispezione è finita. Ora, si attende la relazione del ministero della Salute sulla trasfusione sbagliata ad Angela Crippa, la pensionata di Arcore morta in Ortopedia a Vimercate dopo un intervento al femore, alla quale è stato infuso sangue destinato a un’altra degente, incompatibile con il suo. La Procura di Monza, titolare del caso, ha iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo il medico che ha autorizzato la procedura e l’infermiere che materialmente ha fatto partire la flebo. Sono le due persone sotto inchiesta. L’anello finale della catena che porta le sacche dall’emoteca al letto del paziente. Nei passaggi precedenti sarebbe andato tutto bene, come avviene nelle seimila terapie del genere che ogni anno vengono portate a termine in questo ospedale. Ed è su questa filiera che gli esperti in arrivo da Roma hanno concentrato l’attenzione. Sono partiti dalla tragedia che scuote personale e territorio per analizzare l’intero processo. Con loro, anche due ispettori della Regione inviati in Brianza dall’assessore al Welfare Giulio Gallera per fare chiarezza sull’accaduto.

Una giornata è stata sufficiente per capire cosa non abbia funzionato nei vari step informatizzati, scanditi da un protocollo, dietro ai quale c’è sempre l’uomo. Ad andare storto sarebbe stato l’ultimo controllo prima di iniziare l’infusione, quello in cui specialista e assistente acquisiscono l’identificazione attiva: nome, cognome e data di nascita del malato. Una domanda che non sarebbe stata fatta all’anziana. Altrimenti, questa l’ipotesi, si sarebbe scoperto che quella sacca non era per lei. Ma per un’altra persona, che non ne ha avuto bisogno, e che ha lo stesso cognome di Angela. Da qui l’origine della tragica sequenza finita con la morte dell’84enne. Famiglie e malati si interrogano sulle procedure che dovrebbero garantire sicurezza. C’è chi punta l’indice sulla mancanza di braccialetto elettronico in Ortopedia. Introdotto in altri reparti, entro fine anno sarà esteso a tutti, anche a loro, ma per ora non c’è.

«Un falso problema – secondo il direttore sanitario GiovanniMonza –. La dinamica dell’episodio come è emersa finora ci conferma che non sarebbe cambiato niente». Probabilmente, chi ha sbagliato non avrebbe scaricato la sacca con il lettore ottico annullando di fatto l’ulteriore evoluzione nell’iter di identificazione, sempre più meccanizzata, garantita dal codice a barre. Il braccialetto di cui si discute in queste ore non è quello che viene indossato da ogni ricoverato, ma un suo parente più sofisticato. Si parla di sistemi che hanno un obiettivo: ridurre ulteriormente il margine di intervento dei sanitari e quindi della possibilità di sbagliare. «Ma chip e macchine non potranno mai sostituire del tutto l’uomo», ricorda Monza. Attenersi scrupolosamente alla procedure senza fidarsi della propria esperienza o della routine «fa la differenza». L’inchiesta chiarirà esattamente le singole responsabilità. Il clima in ospedale è teso. Lo sconcerto per quel che è successo è generale. Sarà difficile lasciarsi alle spalle questa storia.