
Vimercate (Monza e Brianza) - Un percorso condiviso per uscire dal tunnel della anoressia: l’Asst ha inaugurato per i ragazzi che ne soffrono, sempre di più, un day hospital speciale per imparare di nuovo a mangiare dopo la fase più critica.
Un’ancora in mezzo al mare nero di sofferenza che porta al rifiuto del cibo, o al suo contrario, la bulimia, a ingozzarsi fino a svuotare il frigorifero. Con la pandemia, a Vimercate, i ricoveri di giovanissimi con disturbi alimentari sono schizzati alle stelle: da 1 nel 2020, a 20 nel 2021 per un totale di 290 giornate di degenza. In Brianza si conferma la tendenza nazionale, "nell’ultimo biennio i casi sono aumentati del 30%", spiega la direzione.
Dietro a questi numeri "c’è un dolore che bisogna decifrare per riuscire a scacciarlo", sottolineano ai piani alti. Anche l’esordio è sempre più precoce: in città il fenomeno riguarda più femmine che maschi, si comincia a 11 anni fino a 17. I giovanissimi malati arrivano al pronto soccorso quasi sempre "dopo lunghe privazioni alimentari – racconta Marco Sala, primario di Pediatria –. I nostri pazienti ricominciano a nutrirsi in reparto con il sondino dal quale si svezzano, se tutto va bene, riconquistando l’autonomia con l’aiuto del personale che li sostiene e li incoraggia senza sosta". Un cammino difficile per tutti dove per voltare pagina non si può trascurare nulla. Così da qualche mese è nata l’idea del pasto assistito, "il day hospital che sostiene il dopo ricovero", aggiunge Sala. Da febbraio sono 15 gli adolescenti che l’hanno utilizzato per 80 accessi totali. "Non ci sono studi che confermano la relazione fra l’impennata del problema e lo stress da Covid – chiarisce il primario – ma è indubbio che la situazione sia esplosa proprio nell’ultimo anno e mezzo". Quindi almeno dal punto di vista empirico il nesso sembra esserci.
E che gli under 18 soffrano di più è confermato anche dalla pressione crescente di questa fascia d’età sul pronto soccorso: negli ultimi mesi gli accessi di genitori con figli piccoli sono stati il 7% in più di due anni fa (1.513 in tutto fra ottobre e novembre), quando l’emergenza sanitaria non era ancora scoppiata. Più di una volta il sovraffollamento ha finito per surriscaldare gli animi fino a sfociare in aggressioni verbali a medici e infermieri.