"Vi dico che un altro mondo è possibile"

Amore, rabbia e i sogni di una generazione: l’ex Cccp Giorgio Canali questa sera al Tambourine con il concerto “I resti di quello che fu“

"Vi dico che un altro mondo è possibile"

"Vi dico che un altro mondo è possibile"

di Fabio Luongo

"Vuoi davvero lasciare ai tuoi occhi solo i sogni che non fanno svegliare?", cantava Fabrizio De André. Se lo potrebbero chiedere, a un certo punto, i protagonisti de “I resti di quello che fu“, lo spettacolo-concerto che oggi alle 21.30 andrà in scena al Tambourine di via Carlo Tenca, interpretato dal chitarrista e cantautore Giorgio Canali e dagli attori Elio D’Alessandro e Marta Bevilacqua, che è anche l’autrice del testo. Un concerto teatrale fatto di dialoghi, monologhi e canzoni che provano a raccontare l’amore e la rabbia, la fine dei sogni di una generazione e allo stesso tempo l’audacia di chi, pur segnato dai duri colpi e dai dubbi seminati attorno a manciate, conserva l’idea di un altro mondo possibile. A tessere la trama musicale, uno dei maggiori rappresentanti del rock d’autore italiano, quel Giorgio Canali già chitarrista dei Cccp e delle loro reincarnazioni come Csi e Pgr, artefice di un’intensa carriera solista e produttore per artisti come Verdena e Le Luci della Centrale Elettrica.

Come è nato questo spettacolo?

"È una scrittura teatrale di Marta. Dopo che ci siamo conosciuti, qualche anno fa, al termine di un concerto, Marta ha deciso che doveva fare assolutamente con me qualcosa legato a Genova 2001. Abbiamo quindi condensato quello che avevamo in testa su quella situazione e lei ha scritto questo testo molto efficace".

È un po’ una riflessione sui sogni che sono finiti, che non ci sono più?

"È una storia ai margini di quel che è successo a Genova in quei giorni, una cosa di vite strane e parallele che cascano lì dentro, in quello che è accaduto in occasione del G8. Sono 3 persone che si raccontano e raccontano qualche storia, storie che si incrociano e che per caso finiscono in quei giorni a Genova, in piazza, a Bolzaneto, intersecando un po’ gli eventi principali di quella vicenda. È una pièce molto minimale".

Come è strutturato lo spettacolo?

"La serata è niente di più di 3 persone che recitano, imbastita musicalmente attraverso canzoni mie, di Elio D’Alessandro e canzoni altrui. La cosa che più mi piace di questo spettacolo è che negli ultimi due minuti vedo la gente che si commuove e quando vedi le persone commuoversi vuol dire che ci hai preso. Se uno arriva in fondo ed è in qualche modo colpito, vuol dire che ci sei riuscito, a parlargli. E poi è uno spettacolo che non è mai uguale a sé stesso da una volta all’altra, perché ci tengo a mantenermi lontano dalla perfezione: questa è una cosa che ho in testa da sempre. L’importante è che ci sia quel feeling in quell’attimo".

Possiamo dire che è uno spettacolo anche sulla difficoltà di accettare il presente, sul domandarsi da che parte sto?

"In effetti sì, è quello. “Da che parte sto?“ è una domanda che c’è più volte nel testo, e che è importante farsi".