Un’unica sala Ma Monza sogna da cinecittà

Parco, Villa, autodromo, cortili e fabbrichette sono già un set da sfruttare anche per il turismo

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Monza è una città "si può dire di provincia, un po’ come la mia Bologna. Una città che deve fare qualcosa di seducente per attirare l’attenzione e farsi notare", l’ha inquadrata il regista Pupi Avati. Ma come gli artisti, anche i luoghi devono avere il loro manager. Capace di rileggere, a favore di cinepresa, gli spazi urbani e di ottimizzare le produzioni. Monza è già di per sé un grande set. Ma prima di sognare di diventare un piccola Cinecittà "è necessario ricostruire una platea e un’affezione verso il cinema in un città dove è rimasto soltanto un multisala – la prospettiva di Arianna Bettin, assessore alla Cultura –. Monza come setting, per il momento è un passo ambizioso, ma siamo disposti a farlo. E c’è anche il forte interesse di portare in città un festival legato al cinema". E poi c’è l’aspetto economico e turistico: "In un territorio così densamente popolato di imprese e così ricco di arte e natura sarebbe bello innescare un circolo virtuoso". C’è il Parco con tutte le sue stagioni, la Villa Reale, l’ex Macello e tutte le vecchie fabbriche abbandonate che con le loro architetture potrebbero diventare location per costruire il set. Luoghi dimenticati, ma anche grandi aziende in attività che avrebbero un’occasione di marketing sul piccolo e grande schermo.

Senza dimenticare l’autodromo, le cantine del Quattrocento di Meregalli e le case di ringhiera e le ville lussuose che fanno concorrenza a Milano e dove l’affitto per le riprese costerebbe meno. Marketing aziendale e pure marketing territoriale: “Il giovane favoloso“ su Giacomo Leopardi è diventato l’esempio di successo del film che valorizza il territorio e del territorio che valorizza il film. Mentre con le riprese di “Braccialetti Rossi“, il paese di Fasano per tre anni è stata invasa da scolaresche che aspettavano gli attori durante le pause e nell’attesa facevano i compiti sotto gli ulivi.

M.Galv.