Una commemorazione per i sei ragazzi martiri di Vimercate

Fucilati il 2 febbraio 1945 al campo di aviazione di Arcore: vie e un piazzale li ricordano, alla cerimonia i sindaci dei due Comuni

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Sei vie e un piazzale non sono solo punti di riferimento nel traffico, ma un pezzo di storia di Vimercate e della sua identità.

Iginio Rota, Renato Pellegatta, Emilio Cereda, Aldo Motta, Pierino Colombo e Luigi Ronchi scandiscono la quotidianità di chi si muove in città ogni giorno e tutti insieme i Martiri Vimercatesi accompagnano la vita degli alunni che a due passi dal centro entrano ed escono da scuola. Ieri, la commemorazione dei sei ventenni fucilati al campo di aviazione di Arcore due mesi e mezzo prima della Liberazione, il 2 febbraio 1945. Una ferita che sanguina ancora e che ha segnato per sempre la memoria collettiva. I nazifascisti a un passo dalla disfatta non rinunciarono alla sentenza di morte per i ragazzi che avevano imbracciato le armi contro di loro, contro la dittatura. Il 29 dicembre ‘44 i partigiani avevano attaccato il campo volo alla Gilera, Rota morì durante l’assalto, gli altri furono arrestati e giustiziati.

I colpi alla schiena con cui furono finiti "sono il simbolo della lotta per la democrazia", ha ricordato ieri il sindaco Francesco Cereda. Per lui è stata la prima commemorazione in fascia tricolore, "un momento pieno di significato soprattutto per i giovani che devono sapere". Parole ripetute al cimitero sulle tombe dei Caduti e con il collega Maurizio Bono di Arcore al cippo in via Baracca dove in una freddissima mattina di 77anni fa il plotone d’esecuzione spezzò le vite del gruppo. "La scuola e la cultura sono il ponte fra un passato buio e il paese che dobbiamo costruire - ha aggiunto il primo cittadino -. Senza questa consapevolezza appuntamenti del genere perderebbero di significato. Tocca a ciascuno di noi fare in modo che non accada mai più e che i valori per i quali i nostri concittadini si sono sacrificati continuino a guidarci anche in futuro. "Non dobbiamo dimenticare i ragazzi che hanno donato la loro vita combattendo - ha sottolineato Savino Bosisio, presidente di Anpi -. I sei hanno scelto di ribellarsi ai soprusi e alle violenze per porre fine all’immane tragedia nella quale il fascismo aveva precipitato il Paese".

I Martiri erano sbandati dopo l’8 settembre e non avevano aderito alla repubblica di Salò. "Solo con il riscatto assicurato da questi giovani abbiamo riavuto la dignità", ha continuato Bosisio. Una studentessa ha letto una lettera scritta da Pierino Colombo alla madre dal carcere.

"Monza, 25 gennaio 1945: ci hanno interrogati tutti. Sono sempre in cella con Cereda. Ora ci devono giudicare. Vi prego di non pensare... speriamo vada tutto bene".

"La loro morte fu forse il primo segno tangibile per tutti dell’oppressione esercitata dal regime, della totale assenza di libertà proiettata nella vita di tutti i giorni". Così la concittadina Elvira Corbetta descrisse l’ondata di commozione che pervase la comunità dopo la fucilazione: "La processione di vimercatesi che portarono fiori al campo volo nei giorni successivi alla strage e pagarono le foto dei morti da distribuire in tutte le case raccontano che anche chi era attendista ruppe gli indugi per schierarsi dalla parte della libertà".

Barbara Calderola