Crippa
Diceva un regista che non c’è nulla di tanto suggestivo quanto i riti della Chiesa cattolica...
Domenica scorsa nel pomeriggio è stato possibile assistere – credenti o meno – alla messa pontificale per l’ingresso in Duomo del nuovo arciprete di Monza. Una figura che è sempre stata molto importante per Monza, anche se col passare degli anni indubbiamente ha perduto qualcosa del suo peso (fu l’arciprete a far suonare le campane delle chiese della città per spingere i Monzesi alla rivolta contro gli Austriaci e in epoca più recente fu monsignor Dino Gariboldi a far annullare – o almeno così vuole la leggenda – un concerto del diabolico Marylin Manson che doveva tenersi in città).
Domenica, per certi versi, il nuovo arciprete, monsignor Marino Mosconi, ha “alleggerito” il cerimoniale per il suo ingresso in Duomo, a cui è arrivato in calzoncini e divisa dei boy scout a lui tanto cari. E l’arcivescovo di Milano Mario Delpini ci ha aggiunto del suo, prendendo bonariamente in giro quello che finora era stato il suo cancelliere, ma anche i Monzesi, così orgogliosi nei confronti di Milano (non a caso, sono gli unici in questa Diocesi ad aver rifiutato di uniformarsi al rito ambrosiano). Però. Però intanto c’è stato spazio per una certa liturgia apparentemente fuori dal tempo ma densa di fascino, la croce baciata dal nuovo arciprete dalle mani del suo precedessore all’entrata, la messa cantata, il coro del Duomo, gli alabardieri (una scorta armata ammessa in chiesa che l’arciprete di Monza condivide con le Guardie svizzere del Pontefice), i Cavalieri del Santo Sepolcro in abito scuro, croce cremisi e tocco, la croce pettorale di San Gregorio, la sosta davanti all’altare del Beato Luigi Talamoni. Insomma, ci sarebbe da montarsi la testa. Fortuna vuole che monsignor Mosconi alla fine abbia voluto rammentare ai Monzesi che in fondo il “loro” Duomo, con tutti i suoi tesori, è solo "un pezzo di cielo caduto sulla terra".