"Sono stata qualche settimana senza andare in centro e ora vedo negozi spariti e altri nuovi che alzano la saracinesca". I monzesi sono il termometro di quanto sia rapido il turnover dei negozi in città. Via Carlo Alberto si sta popolando di negozi di pop art, oggettistica, temporary store, mentre il marchio Rolex ha trovato casa alla gioielleria Colombo.
Più sofferente via Vittorio Emanuele, dove negli ultimi mesi hanno chiuso la secolare Pelletteria Maggi, dopo 19 anni il punto vendita di Benetton Undercolors (la sezione intimo) che era all’angolo con piazza Garibaldi, così come un paio di negozi di abbigliamento e il fast food Roll Eat. In via Mantegazza va verso la cessazione a fine mese la storica Orologeria Balì. Attività nuove in via Cortelonga, dove ha riaperto un ristorante al posto dello storico “Arcate“ e hanno trovato casa una estetista e un negozio di intimo.
"Meno male – dice la signora Donata, che abita in via Manzoni –. Dopo la chiusura del cinema Teodolinda, la via si stava desertificando. I negozi sono presidi di eleganza e controllo sociale".
I dati della Camera di Commercio mostrano un trend quasi costante. Nel 2022 le imprese (di ogni tipologia) attive a Monza erano 14.246, per passare a 14.324 nel 2023. I negozi all’ingrosso e al dettaglio erano 3.470 nel 2022 e 3.363 lo scorso anno. Medesimo trend per le attività di alloggio e ristorazione che erano 1.035 nel 2022 e 1.041 nel 2023. Meno bene il 2024. Nel primo trimestre le iscrizioni al registro del Commercio al dettaglio sono state 93, contro 178 cessazioni. In aggiunta ai servizi di ristorazione, a 30 nuove aperture hanno fatto riscontro 86 cessazioni. Stesso trend per il secondo trimestre; meno peggio il terzo trimestre: commercio al dettaglio 55 iscrizioni, contro 66 cessazioni, mentre nella ristorazione 35 aperture contro 69 cessazioni.
"Il turnover è preoccupante – osserva Alessandro Fede Pellone, segretario di ConfCommercio Monza –. Stanno chiudendo negozi tradizionali e di beni necessari come macellerie, cartolerie, abbigliamento di qualità, negozi di scarpe e aprendo negozi voluttuari, etnici, con meno esperienza o di abbigliamento di basso livello. Si può aprire un negozio anche senza professionalità e esperienza".
Un tempo per ottenere la licenza esistevano corsi professionalizzanti in cui si imparava a gestire Partita Iva, elementi di bilancio, elementi e strumenti di pagamento. Con la liberalizzazione delle licenze, formati o no, si può aprire. Così si spiega, secondo Pellone, perché i negozi durano sei mesi o un anno e poi chiudono: non si premia la professionalità.
Più possibilista l’assessore al commercio e turismo Carlo Abbà, che fa notare come tornino a Monza le grandi catene: Upim (in via Vittorio Emanuele, non nello storico negozio di piazza Trento e Trieste, ancora chiamato dai monzesi “Palazzo dell’Upim“), cui si aggiungono Ikea in via Manzoni e Kartell, design e oggettistica di prestigio. Fra le imprese familiari arrivano i negozi di sigarette elettroniche, estetica e food monoprodotto, tipo le Pokerie.
"Quelle che sembrano chiusure, in realtà fanno parte di un turnover molto veloce soprattutto in centro – commenta Abbà – Il mondo del lavoro è sempre più complesso ed è difficile tenere il passo con le richieste del mercato. Non basta più avere una buona merce in una buona posizione. La situazione è in rapido cambiamento. Può diminuire la qualità, è vero, ma gli investimenti ci sono".