Tre tonnellate di cibo e vestiti La missione di Vimercate

L’iniziativa di tre amici ha coinvolto altri volontari e Pro loco, raccolta in tempi record "Donne e bambini soli, significa tante famiglie spezzate. Siamo scoppiati a piangere"

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di Barbara Calderola

"Non potevano rimanere a guardare e raccogliere soldi non basta". Tre amici in pochi giorni organizzano una spedizione umanitaria a Chernihiv, in Polonia, a 10 chilometri al confine con l’Ucraina, a 90 da Leopoli, e un’intera città, Vimercate, si schiera al loro fianco. Venerdì sera sono partiti da piazza Unità d’Italia con 5 furgoncini, strapieni, viaggio auto pagato, a bordo 11 volontari, -Paolo Galli, Luca Trentin e Diego Pezzaldi, i promotori, a guidare il convoglio, - e altri otto dal cuore grande così, al seguito.

Hanno dormito in cabina per non perdere tempo e percorrere 3.150 chilometri, andata e ritorno, e consegnare 3.300 chili, più di 3 tonnellate, di cibo e vestiti, raccolti in tempo record, "la Pro loco ci ha messo a disposizione il magazzino per lo stoccaggio. La risposta è stata travolgente".

"E’ un’esperienza che lascia il segno", raccontano i quarantenni. Negli occhi tutta l’emozione di un ritorno che è solo il primo di una serie. "Stiamo già pensando a un secondo viaggio. Al campo profughi non c’era un uomo, lo sappiamo, lo sentiamo ogni giorno in televisione, ma vedere con i propri occhi donne e bambini soli è diverso. Significa che tutte queste famiglie rischiano di essere spezzate. Siamo scoppiati a piangere". L’unico modo per sentirsi utili "è fare qualcosa di concreto". "Questa guerra ci fa sentire vicini a migliaia di innocenti che soffrono". Il ritorno della spedizione a casa, domenica sera, è servito a dare un passaggio a Monica, una delle tante giovani mamma in fuga dall’inferno con il figlioletto di 2 anni e una nipote di 13.

"Siamo scappati dopo il bombardamento della centrale di Zaporizhzhia", ricorda la donna, un’odissea di 10 giorni verso la salvezza con mezzi di fortuna e tanti chilometri a piedi. Ora sono a Paderno d’Adda, li ha presi in carico un’associazione dietro la promessa che li riporterà a casa appena possibile.

"Ecco perché – sottolinea Paolo – molti ucraini non vogliono venire in Italia: è troppo lontana dalla loro vita andata in frantumi in quattro settimane. Preferiscono la Polonia, la Danimarca, la Germania a meno che da noi non abbiamo parenti. Mettersi a disposizione significa capire anche queste dinamiche e organizzare aiuti che ne tengano conto".

Per decine di volontari brianzoli che negli ultimi giorni hanno riempito i furgoncini è ora di rimettersi al lavoro: "Senza di loro non ce l’avremmo fatta: grazie a tutti", ripetono Paolo, Luca e Diego pronti a rifare la spola.