"Lotta al terrorismo: guai a ghettizzare l'Islam, meglio integrare"

Parlano l'ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte e l'esperta Laura Quadarella

L'ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte, l'esperta Laura Quadarella e il president

L'ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte, l'esperta Laura Quadarella e il president

Monza, 1 aprile 2018 - I brianzoli possono stare tranquilli? "Mai". L’ammiraglio sorride, ma non troppo. Perché lui di terrorismo e attentati ne sa qualcosa. Ferdinando Sanfelice di Monteforte e la moglie Laura Quadarella sono due autorità in materia. Ammiraglio di squadra e uno dei massimi esperti mondiali di terrorismo lui, mentre lei è giurista e politologa, nonché analista intelligence. L’altro giorno erano ospiti al Saint Georges Premier su invito del Rotary Club Monza Ovest presieduto da Stefano Casellato, in interclub con il gruppoBrianza1 del distretto 2042.

A margine della conviviale, i due supersperti acccettano di incontrare la stampa. E Laura Quadrella rassicura subito: "Il rischio zero non c’è... ma per fortuna al momento non siamo nella posizione di altri Paesi europei. I gruppi jihadisti non spingono per un attentato dalle nostre parti, parlano spesso di Roma, ma intesa non come capitale dello Stato italiano, bensì come simbolo dell’Occidente, della cristianità. Al Qaeda e l’Islamic State lo hanno detto in modo chiaro». In che senso? «L’Italia non è un obiettivo prioritario, siamo visti come un ponte, e non siamo odiati".

Perché possiamo dirci relativamente tranquilli? "Di islamici di seconda e terza generazione, quelli che hanno colpito in tutti gli attentati europei che hanno insanguinato l’Europa negli ultimi anni, qui quasi non ce ne sono, o comunque sono pochi". E poi? "Abbiamo un’ottima intelligence, l’esperienza fatta con terrorismo e mafia è servita, ad esempio siamo abituati a parlare con le comunità islamiche, c’è dialogo e loro sono le prime a essere interessate a tenere alla larga il terrorismo. E noi riusciamo, con le espulsioni, a intervenire per tempo per prevenire". Negli ultimi giorni in Italia c’è stata una nuova ondata di espulsioni di potenziali terroristi.. "La nostra intelligence funziona: hanno già espulso 30 persone quest’anno. Il ragazzo di Torino ad esempio era già stato arrestato e si era radicalizzato: ma è stato monitorato ed è stato preso per tempo".

L’ammiraglio analizza: "L’Europa ha seguito politiche diverse, ha emarginato, ghettizzato le comunità islamiche. Da noi no, siamo uno Stato che integra, non ci sono le banlieue. Noi siamo un ponte. In senso sia “cattivo”, come porta di accesso a un’immigrazione di massa, che “positivo”: sulla cartina pubblicata tempo fa dall’Is con i territori da riconquistare non c’è la Sicilia, e non è un caso, l’Italia è vista come luogo di accoglienza". In Brianza qualche anno fa furono arrestati due uomini a Giussano che progettavano attentati. I cani sciolti sono il vero problema? "Il matto è matto, e quindi si devono tenere sempre gli occhi aperti. Ma la verità è che non è in corso una guerra fra Islam e Occidente, ma una guerra all’ultimo sangue interna all’Islam, fra sunniti e sciiti che si contendono i punti chiave: la Siria da un lato, porta di accesso al mondo orientale; e lo Yemen dall’altro, porta di accesso al Mediterraneo".

E le Ong? "Le Ong sono enti privati che agiscono su basi ideologiche e perseguono fini loro. Rispecchiano interessi diversi da quelli ad esempio di una Nazione, per questo a un certo punto è stata posta una linea rossa da non oltrepassare, e sono stati messi dei paletti". Torniamo al caso Giussano. I piccoli centri sono una base più facile per i terroristi? "L’urbanizzazione italiana è prodotto di torti subiti per secoli, ma le dimensioni sono ora una garanzia, c’è un controllo del territorio. Paradossalmente persino eventi come il G8 di Genova hanno insegnato". Un potenziale terrorista che frequentava il centro islamico di Monza fu espulso anni fa. Le moschee sono una minaccia? "Il terrorismo si sviluppa più facilmente dove non è controllato, ed è meglio una moschea organizzata che collabori piuttosto che 10 persone chiuse in un garage, rifiutare una moschea può rivelarsi un problema, non sentirsi integrati è la cosa peggiore. L’integrazione è la strada migliore".