Pedemontana e Strabag, resa dei conti in Tribunale

Dopo la rescissione del contratto con il colosso austriaco è scontro sulle responsabilità e sui danni della rottura

Il cantiere si Pedemontana si è fermato

Il cantiere si Pedemontana si è fermato

Monza, 2 giugno 2018 - I cantieri sono rimasti fermi, ma il conto sta per arrivare.

Dopo la rottura definitiva di febbraio, con la decisione di Autostrada Pedemontana Lombarda di rescindere il contratto con il colosso delle costruzioni Strabag, le parti, e soprattutto i loro avvocati, si torneranno a incontrare nei prossimi giorni in tribunale.

A dividerle, il contenzioso sulle riserve da 370 milioni di euro presentate nell’agosto del 2017 dall’impresa che avrebbe dovuto realizzare i lavori, e la richiesta di escussione della fidejussione da 260 milioni presentata nei mesi scorsi da Apl dopo il “licenziamento”, cui il colosso austriaco si è opposto chiedendo un risarcimento danni al momento top secret. Una doppia partita che si giocherà fra il 13 giugno - quando è previsto il pronunciamento sulla fidejussione - e il 16 ottobre, data dell’udienza sulle riserve. Il 4 maggio Strabag ha presentato la sua memoria al giudice, Apl lo farà lunedì.

Una battaglia che segue un divorzio clamoroso e inatteso fino a pochi mesi fa, sebbene il contenzioso sulle riserve per molteplici impedimenti del cantiere da 1,7 miliardi di euro fosse aperto da prima. Due anni fa un’apposita commissione (una sorta di collegio arbitrale formato da tre commissari, uno per parte e un giudice super partes) ci aveva messo la testa. Secondo i diversi commissari, l’ammontare delle riserve che Apl avrebbe dovuto riconoscere all’impresa appaltatrice ballava tra i 61 e gli 83 milioni di euro. Come presidente di Apl anche l’ex ministro Antonio Di Pietro ci aveva messo mano, cercando una composizione, senza però arrivare a un risultato definitivo.

Decisivi nel computo delle riserve (lievitate a 3 miliardi di euro a livello formale ma di fatto stimate da Strabag in 370 milioni, pari alla cifra richiesta in tribunale) i ritardi accumulati: i lavori sulla tratta di competenza di Strabag sarebbero dovuti finire nel 2015, mentre ad oggi è stato realizzato il 10 per cento. Basti pensare al fatto che le ruspe sulla tratta B1 (Lomazzo-Lentate sul Seveso, dove il cantiere si è bloccato) sono partite solo nel dicembre del 2013 con una disponibilità iniziale di 30 milioni rispetto a un’opera da 200.

L’altro oggetto del contendere riguarda il progetto esecutivo realizzato da Strabag, 22mila elaborati (tanti da riempire due stanze di carta), di cui un centinaio sotto contestazione. Valore del progetto esecutivo 9,4 milioni di euro, ma non è mai stato approvato.

E sta proprio in questo passaggio l’altro contenzioso, quello aperto dalla società Pedemontana nei confronti dell’impresa.

La tesi di Pedemontana è che il progetto non andasse bene: di qui la rescissione del contratto e la richiesta di escussione della fidejussione.

La tesi di Strabag è che il contratto non prevedesse un’approvazione per stralci - cosa avvenuta per la tratta B1 - ma complessiva.

La stessa commissione che aveva tentato di comporre il contenzioso aveva suggerito alle parti che venisse "approvato, con eventuali prescrizioni, il progetto esecutivo dell’intera opera e disposto il pagamento del relativo corrispettivo contrattuale", stabilendo oltre ai 9,4 milioni iniziali altri 5 milioni e 720mila euro. Cosa che non è avvenuta.

Proprio in questi giorni Pedemontana sta rivedendo il progetto definitivo allo scopo di andare a un nuovo appalto, snellendo i costi.

Una revisione al ribasso partita già con Strabag, che fino a qualche mese fa pensava di poter salvare il cantiere, nato su un maxiprogetto studiato prima di una crisi che ha messo in ginocchio anche la circolazione sulle autostrade. Obiettivo del confronto, ridurre il costo dell’opera (un’ipotesi studiata l’utilizzo della terra di scavo, chiudendo buche o realizzando le famose Pedemontagne) e ridurre gli onerosi espropri.

Il confronto fra impresa e committente però si è andato ad arenare verso fine anno scorso, a ridosso dell’altra vicenda che ha tagliato le gambe a Pedemontana, da sempre alle prese con il problema dei finanziamenti: la richiesta di fallimento, da cui però Apl è uscita indenne.

L’epilogo negli ultimi mesi. A ottobre la società ha inviato a Strabag una diffida a presentare il progetto modificato entro 30 giorni: sono stati attivati nuovi incontri tra le parti ma già a metà dicembre il direttore generale di Apl firmava un rapporto nel quale si dichiarava che il progetto non era approvato. Il 2 febbraio la decisione del consiglio d’amministrazione di rescindere il contratto, con l’astensione critica del presidente Federico Maurizio D’Andrea, che si è poi dimesso.

monica.guzzi@ilgiorno.net