DARIO CRIPPA
Cronaca

Stefano Conti, l’urlo di dolore da Panama: “L’Italia mi ha dimenticato. Così morirò in quel carcere”

Il trader brianzolo sotto accusa nel Paese centroamericano ha scritto un memoriale: “Ho trascorso 423 giorni in mezzo a topi e scarafaggi, vogliono condannarmi a 30 anni”

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Stefano Conti prima di finire in carcere, sotto la prigione “La Joia“ di Panama, dove convivono 5.500 detenuti in condizioni igieniche precarie

Varedo (Monza e Brianza) – “Le istituzioni italiane non sono state dalla mia parte, e questo è uno dei dolori più grandi. Sapere che il tuo Paese ti ha abbandonato, che non si è fatto avanti per difendere un suo cittadino, è un peso che porto con me ogni giorno. Nonostante ciò, non mi arrendo. So che la mia battaglia è lungi dall’essere finita, ma non mi lascerò abbattere”. C’è un uomo di 40 anni, cresciuto a Cesano Maderno e vissuto in diversi paesini brianzoli, l’ultimo Varedo, che adesso ha paura. A novemila chilometri di distanza, dove ormai sta da 7 anni, ha vissuto una delle esperienze più sconvolgenti e dure della sua vita e dopo il processo a cui sarà sottoposto rischia di finire condannato con una pena fra i 20 ai 30 anni di reclusione. Da scontare n uno dei carceri di massima sicurezza peggiori del Mondo. Il nome del carcere - La Joia – sembra uno scherzo di pessimo gusto. Stefano Conti lo conosce bene però, perché ci ha già trascorso, prima di ottenere i domiciliari un anno fa, 423 giorni di carcere preventivo. A febbraio inizierà ufficialmente il processo.

“Ho paura, lo ammetto. Ho trascorso quei giorni in mezzo a topi, scarafaggi, sanguisughe, malattie e violenza indiscriminata, mentre ero dentro ci sono stati quattro omicidi, sei sparatorie, risse quotidiane fra detenuti”. In condizioni igieniche spaventose. “Anche 26 detenuti rinchiusi in uno stanzone di 60 metri quadrati. Mi sono preso la scabbia, c’erano scarafaggi giganteschi, li vedo ancora in ogni ombra. Mangiavo un pugno di riso e avevamo solo un’ora al giorno per l’acqua, che andavamo a procurarci con un secchio. Per mesi non ho visto un raggio di sole. E io ero fortunato, per così dire, perché c’è una tale corruzione là dentro che solo grazie ai miei soldi potevo permettermi anche quel pugno di riso”.

L’accusa di cui deve rispondere è tratta di esseri umani a scopi sessuali: avrebbe favorito e organizzato il soggiorno di 6 ragazze colombiane venute a Panama per prostituirsi. Accuse che il trader brianzolo nega decisamente E per raccontare la sua verità, ha scritto un libro: “Ora parlo io. 423 giorni nell’inferno di Panama” (Edizioni &100 Marketing”). Un memoriale e atto di accusa nei confronti di un sistema giudicato a suo dire “corrotto”. “Ho denunciato la Procura di Panama per cospirazione”.

L’Italia è indifferente?

“Il mio Stato mi ha completamente ignorato, non si è mosso nessuno a livello politico e istituzionale. Anche gli influencer che sembravano interessati alla mia storia e da cui mi attendevo un po’ di attenzione per far conoscere il mio caso alla fine si sono tirati indietro”.

Si nono sfilati tutti...

“Ho scritto questo libro proprio per questo, non ho mai avuto la possibilità di raccontare la mia verità: chi lo sa come finirò? Se mi condannano, sparirò e questo è il mio tentativo disperato di far conoscere la verità”.

Condizioni detentive incivili.

“Celle sovraffollate, nessuna ora d’aria, isolamento indiscriminato, pochissimo cibo e acqua, nessuna assistenza sanitaria. Sono sopravvissuto solo perché avevo i soldi per comprarmi il minimo per sopravvivere, la corruzione era gigantesca e al mercato nero compravi di tutto”.

Perché era finito a Panama?

“Me ne ero andato dopo che ho divorziato. Ho fatto il trader come cambia-valute, avevo clienti importanti, sono arrivato a gestire 5,5 milioni di dollari. Facevo una vita splendida: guadagnavo migliaia di dollari al giorno e vivevo nel lusso. Sono vittima di un complotto”.

Dice che è innocente, ma il libro è pieno di prostitute.

“Per pura libidine, mai per sfruttamento. Prostituirsi non è illegale a Panama e a me piaceva divertirmi, ma non ho mai fatto nulla di male”.

Ora se ne pente?

“Per nulla, le ragazze che secondo le accuse avrei sfruttato al processo hanno detto che non c’entravo nulla e hanno accusato la polizia di averle costrette a mentire contro di me. Alcune nemmeno le conoscevo. A Panama semplicemente avevo trovato il mio Paradiso, sono stato felice, ho vissuto il mio sogno, non sono stato denunciato da nessuna di loro. Ripeto, non ho mai fatto nulla di male, né ho mai evaso le tasse, anzi se dovessi vendicarmi dell’Italia potrei tenere un corso gratuito per insegnare a frodare il Fisco. Ho studiato Economia all’Università e a 33 anni ho deciso di girare il Mondo”.

E ora?

“Mi sono rovinato, ho speso 850mila dollari per difendermi dilapidando il mio patrimonio e ho perso tutti i miei clienti”.