
Stefano Conti, trader brianzolo di 40 anni, vive a Panama da sette anni
Varedo (Monza Brianza) - “Sono stati i 20 minuti più lunghi della mia vita. La giudice ha cominciato a leggere la sentenza ma non capivo niente. Non arrivava al punto. Finché ho sentito e capito quella parola: assolto”.
Fine di un incubo giovedì sera. Ore venti secondo il fuso orario di Panama, le due del mattino in Italia. Stefano Conti, trader brianzolo di 40 anni, ultimo domicilio italiano a Varedo, da sette anni nel Paese caraibico, viene assolto con formula piena dall’accusa di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Dopo 423 giorni di carcere in una delle prigioni peggiori del mondo, e quattro mesi ai domiciliari al Trump Palace di Panama City. Rischiava 30 anni di reclusione.
La voce di Stefano al telefono è ancora impastata.
“Ho festeggiato. Ho bevuto tanto, di tutto, credo di aver bevuto anche la benzina della mia macchina (ride)… Ho chiamato il mio avvocato in Italia, poi ho staccato il telefono e tutti i social cui ero rimasto sempre collegato in questi mesi per tenere i riflettori accesi sul caso”.
Come sta?
“Ho mal di testa, non bevevo da mesi, ma sfido chiunque adesso a venire a dirmi che ero colpevole. Sono innocente”.
Come è andata?
“Ancora non ho capito se sono stato assolto perché il fatto non sussiste o per insufficienza di prove, il mio avvocato attende la sentenza per tradurla”.
Non è stato facile...
“Sono sempre stato da solo in questo processo. Certo, ho potuto pagarmi diversi avvocati, ma solo alla fine ho capito con chi avevo davvero a che fare: il magistrato a capo della divisione contro il crimine organizzato, l’avversario più potente e non maggiori disponibilità finanziarie, uno che non perdeva mai. Mi sono spaventato, sapevo che sarebbe stato difficile batterlo”.
La accusavano di aver costretto a prostituirsi sei ragazze venute apposta dalla Colombia.
“Non nascondo il fatto che sono sempre andato a donne, anche a pagamento. Avevo grandi disponibilità finanziarie, ma non ho mai commesso i crimini di cui ero accusato. Le mie presunte vittime hanno contro-denunciato le forze dell’ordine di Panama per averle costrette ad accusarmi. A Panama la prostituzione è legale, io ero solo un cliente con tanti soldi...”.
Le è stato offerto un accordo di pena prima a 80 mesi di reclusione e poi a 60, eppure ha sempre rifiutato. Un azzardo?
“Sapevo di avere ragione. Ero vittima di un’ingiustizia”.
Ha spesso accusato l’Italia di non avere mosso un dito.
“Tranne Andrea Di Giuseppe (deputato di Fratelli d’Italia, eletto nella circoscrizione del Centro e Nord America, ndr), che è venuto al mio processo. Ma alla fine ho abbracciato in aula console e ambasciatore, che hanno dimostrato quell’umanità che prima era venuta a mancare”.
Il suo incubo era iniziato nell’agosto del 2022, quando l’arrestarono. E adesso?
“Ho ancora paura, non posso ancora lasciare Panama. Prima devo attendere che la sentenza venga depositata, il 3 aprile”.
Ha denunciato più volte le condizioni del carcere di Panama.
“Ho assistito a quattro omicidi, sei sparatorie, risse, condizioni igieniche spaventose, 26 detenuti rinchiusi in uno stanzone di 60 metri quadrati. Mi sono preso la scabbia, c’erano sanguisughe, topi e scarafaggi giganteschi. Mangiavo un pugno di riso e avevamo solo un’ora al giorno per l’acqua, che andavamo a prendere con un secchio”.
Ora è tutto finito.
“Ma la Procura sicuramente presenterà appello contro la mia assoluzione… Ho ancora paura”.
Aveva accusato Panama di cospirazione contro di lei.
“Ma alla fine le accuse sono cadute. E Panama, attraverso i suoi rappresentanti in aula, mi ha chiesto scusa”.
Tornerà in Brianza?
“Non lo so, sono confuso, devo ancora comprendere le mie emozioni. Una parte di me vorrebbe scappare, ma finché non sarà finita non posso”.